Il candidato alla Circoscrizione
di Enrico Miceli

Stamattina dopo messa ho parlato con Don Mimmo della situazione difficile che c’abbiamo in famiglia. Papà un mese fa è stato messo in cassa integrazione dall’azienda ché c’è la crisi e quindi, pure se lavorava là da trent’anni, gli hanno dato il benservito e chi s’è visto s’è visto. Ora stiamo tirando a campare ma mica possiamo andare avanti così a lungo, perché i risparmi che c’abbiamo da parte sono pochi e né io né mamma né mio fratello c’abbiamo lavoro.
Il lavoro in questa parte d’Italia non è che si trova con facilità e quelle poche occasioni che ci stanno sono tutte per i laureati, gente che sa le lingue e conosce bene il computer, pure nei call center è così. Insomma, non ci sono occasioni per me, per mio fratello e figuriamoci un poco per mia mamma e mio padre.
Stamattina comunque ho parlato con Don Mimmo e lui m’ha tranquillizzato e m’ha detto: «Adria’, noi ci conosciamo da tant’anni e io lo so che sei un bravo ragazzo. Quand’eri piccolino me ne hai fatte passare di cotte e di crude a scuola, però sei devoto e non ti preoccupare che il Signore, per quelli devoti, un posto lo trova sempre».
«C’è da capire se il posto che trova è un posto di lavoro Don Mi’, che va bene il paradiso ma intanto qua con mamma, mio fratello e papà tra qualche mese ce ne finiamo a rubare».
Don Mimmo senza scandalizzarsi m’ha sorriso e m’ha detto: «Non ti preoccupare Adria’, tu fai quello che ti dico io e vedrai che tutto si sistema. Abbi fede e prega il Signore».
E io me ne vado fiducioso perché Don Mimmo è uno che se vuole, in un modo o nell’altro, da qualche parte ti sistema. Perché Don Mimmo è uno che conta, è uno che c’ha gli agganci e pregando i signori giusti ha aiutato un sacco di gente.
Me ne torno a casa e sento la musica dall’autoradio per non pensare al traffico che tengo intorno e alle buche che ci sono in mezzo alla strada, che tanto a risolvere ‘sto traffico e a riempire ‘ste buche non c’ha pensato e non ci penserà mai nessuno.
Alla piazzetta sotto casa ci sono un paio d’amici e mi fermo un poco con loro per salutarli e fumarmi ‘na sigaretta. Nel quartiere io conosco a tutti, chi più chi meno. Già da quand’ero piccolo non stavo mai fermo e mi piaceva andare a girare e siccome sono sempre stato educato però tengo la faccia tosta, sono sempre stato simpatico a tutti. Aiutavo le signore con le buste della spesa, che poi mi lasciavano le cinquecento lire e nel pomeriggio mi ci andavo a comprare il gelato. A scuola – ho frequentato la scuola che sta vicino casa – i professori m’incoraggiavano tutti che pure se non ero tra i più bravi ero comunque uno che s’impegnava, o almeno a loro pareva così e io non l’ho mai smentiti. E solo Don Mimmo, che all’epoca era l’insegnante di religione, m’ha sempre capito, pure perché mi vedeva sempre, dato che nel pomeriggio frequentavo la sua chiesa dato che c’era il campo di calcetto e solo quelli che frequentavano la chiesa ci potevano giocare.
Dopo mangiato m’arriva la telefonata di Don Mimmo che non m’aspettavo m’arrivasse così presto.
«Adria’ stamm’a sentire», mi fa.
«Ditemi tutto Don Mi’».
«Allora, io t’ho trovato una cosa che però c’è bisogno che ti c’impegni al cento per cento che non mi puoi far fare brutta figura, ché io ho chiesto piaceri a certi amici e ci sto mettendo la faccia per te, m’hai capito?».
«Sì, Don Mi’, ho capito, ho capito. Ma si può sapere che cos’è ‘sta cosa che m’avete trovato?».
«Tra poco ci sono le elezioni alla Circoscrizione, t’ho fatto mettere in lista in un partito. Tu ti devi dare da fare assai e cercarti da solo quanti più voti puoi. Poi se vieni eletto qualche soldino in tasca ti entra ché c’è il gettone di presenza ed è già una buona cosa per cominciare. E poi se sei bravo e mi stai a sentire vediamo che si può fare».
«Don Mi’, grazie assai, però io mica lo so che devo fare. Ché io e la politica…».
«Tu non ti preoccupare di niente e passa da qui che te la do io una mano».
Quando gli dico a mamma che mi candido all’elezioni della Circoscrizione lei è tutta contenta che chi glielo doveva dire che c’aveva un figlio politico. Mio fratello invece pare quasi incazzato quando gli dico che mi candido con Don Mimmo, mi dice che di politica non me ne sono mai interessato e che non è cosa mia, ma io gli dico: «E che sarà mai, mi ci metto un poco, studio, mi leggo qualche carta e sono buono pure io».
A papà glielo dico ma figurati, manco mi sente incazzato com’è coi sindacati dell’azienda, comunque mi dice di fare quello che voglio e io ci voglio provare: “Ci provano tutti, e che mo’ io sono il più cretino degli altri?”, mi dico.
Alla parrocchia Don Mimmo m’ha fatto stampare certi manifesti elettorali con la mia faccia che ride e mi dice di andare con certi ragazzi a comprare della colla che stanotte dobbiamo tappezzare tutto il quartiere. Mi dà pure un blocchetto di biglietti col mio nome e col simbolo del partito e mi dice: «Per mo’ tieniti questi e dalli all’amici che sai già che ti votano sicuro. Gli dici che devono mettere la croce sul partito e devono scrivere il tuo nome di fianco al simbolo, hai capito?».
«E certo che ho capito Don Mi’, non è che ci vuole uno scienziato».
Attacchiamo tutta la notte ‘sti manifesti sui muri, pure se in verità andrebbero attaccati solo sugli spazi che il comune mette a disposizione, però mi dico: “Tutti appendono dove capita, solo io non devo appendere sui muri?”.
A mamma quando mi sveglio le do un poco dei bigliettini e le dico di salire da tutte quelle del palazzo che conosce e le spiego quello che mi ha detto Don Mimmo.
«Dillo alle amiche tue di convincere pure i mariti, gli amici loro e i parenti che abitano nel quartiere. Che poi tanto se hanno bisogno d’aiuto quando sono eletto alla Circoscrizione ci penso io, che le cose le facciamo girare giuste ‘sta volta in questo quartiere».
Sarà pure vero che di politica non ne capisco niente e non so neppure se il partito è di destra, di sinistra o di centro, però mi ci metto davvero a studiare un poco per capire come si può fare a ripigliare ‘sto posto, che poi è un quartiere popolare fatto di brava gente disgraziata. Don Mimmo mi spiega che siamo una lista civica che sostiene il Presidente della Regione, che noi non siamo né sinistra e né niente, e questo mi piace perché pure io non sono né di sinistra né di niente, ché a me i politici mi sembrano tutti uguali, ché mica sono cretino io, ‘ste cose le so.
Io ogni giorno giro e cerco gente, amici, conoscenti.
«Matte’, vedi che mi candido all’elezioni della Circoscrizione».
«Tu mi devi dire solo che devo scriverci, Adria’».
«Metti qua il mio nome e metti ‘na croce sul simbolo».
«Stai tranquillo, come mi dici faccio».
«Tie’, pigliati pure ‘sti bigliettini e falli girare un poco che mi fai campagna».
«E come no…».
«Ti saluto che continuo a girare».
«Ciao, e speriamo bene».
«Speriamo…».
E giro così per tutto il tempo, tutto il giorno, tutti i giorni.
Pure mio fratello alla fine si convince e, prima a malincuore e poi con sempre più entusiasmo, mi fa un poco di campagna elettorale con gli amici suoi che poi mi conoscono tutti. Gliel’ho detto che se mi va bene va bene a tutta la famiglia e alla fine s’è convinto.
Quando arriva il giorno delle elezioni, alla sera, siamo tutti in agitazione, pure papà che da quando in giro per il quartiere ha visto che si parla parecchio di me e al bar gli hanno detto che ce la posso fare veramente, s’è dimenticato della cassa integrazione.
In giro per le scuole, trasformate in seggi per l’occasione, camminiamo armati di carta e penna e vediamo a quanti voti sono arrivato. Certi seggi sono in ritardo e ci fanno aspettare più del previsto e io non nego che mi agito parecchio perché mi faccio i conti e le cose stanno andando molto bene.
Alla fine sono eletto con tanti di quei voti che non so nemmeno io da dove sono usciti, praticamente m’ha votato tutto il quartiere e sono il primo della lista. Quello dietro di me non ha preso nemmeno la metà dei voti che ho preso io.
Don Mimmo fa i salti di gioia quando vede i risultati e mi dice: «E tu che ti preoccupavi!».
Io sono felicissimo ma gli dico: «Don Mi’, e io mi preoccupo ancora, ché mica lo so mo’ che devo fare».
«Tu non ti devi preoccupare proprio di niente Adria’, che ci sono sempre io, non te lo dimenticare», e ridendo aggiunge «andiamo all’oratorio che festeggiamo, che ci sono pizzette e aranciate e pure un poco di spumante che oggi è un giorno di festa e si può bere».
All’oratorio c’è un sacco di gente del quartiere che mi fa i complimenti e mi guarda contenta e mi dice: «Adria’, mo’ mi raccomando».
E io dico a tutti: «Tranquillo che mo’ finalmente le cose qua cambiano, ché ci sono io…».
E tutti sono contenti e io più di tutti loro.
A un certo punto della serata Don Mimmo mi chiama e mi dice: «Vieni qua che ti faccio conoscere a una persona», e io lo seguo incuriosito.
Nello stanzino dove mi porta c’è uno con la faccia che ho già visto. Mi ricordo che è il Presidente della Regione e che io faccio parte della sua lista e lo saluto ossequioso.
«È un onore», dico.
«Gaeta’», dice Don Mimmo rivolto a lui, «’sto giovanotto da solo s’è chiuso tutto il suo quartiere, vale quasi cinquecento voti…» e ride e mi fa l’occhiolino.
«Eh», fa quello, «E bravo al giovanotto, cinquecento voti sono un sacco di voti, specialmente alla prima elezione, lo sai no?».
«E che vi devo dire dotto’, io che ne so, so solo che mi sono impegnato al massimo».
«Lo vedi», fa Don Mimmo a Gaetano, «lo conosco da quand’era piccolo piccolo ed è sempre stato il più educato e il più sveglio di tutti» e mi dà una pacca tutto contento.
Loro ridono e rido pure io. Ridiamo tutti e tre.
Il Presidente mi pare proprio soddisfatto e mi mette una mano sulla spalla, poi tutto serio mi fa: «Giovano’, tu fai quello che ti dico io e poi vediamo tra qualche anno di trovarti un bel posto nel consiglio comunale, e magari col tempo pure in quello regionale, va bene? Sei contento? Ché se le cose continuano così è capace che diventi deputato».
«E va bene, sì dotto’. Io faccio quello che mi dice lei. Sono contentissimo», rispondo io, e poi raggiungo i miei e gli dico questa cosa perché non sto più nella pelle. E poi continuiamo la festa. Tutti contenti. E io più degli altri.

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