Un pezzo dolce dolce dolce che farà sciogliere i cuori di tutti come panna montata
di Antonio Marzotto

C’è un ragazzo che potrebbe apparire quasi stupido che balla senza sosta, ma con un certo metodo – apparentemente studiato fin nei minimi dettagli – in mezzo ad una piazza allestita a pista da ballo, mentre l’orchestra si dà da fare disperatamente con un pezzaccio tipo disco anni ’80 decisamente brutto per non dire bruttissimo.

Non lontano dalla piazza c’è una ragazza visibilmente infreddolita, con un paio di occhiali da vista marroni, che finge di ascoltare il concerto guardando le coppie che si dimenano, e di non far caso al gruppetto di ragazzi e ragazze a due passi da lei, alcuni seduti sul muretto di fronte al chiosco delle frittelle, altri in piedi mentre si passano un bottiglione di vino rosso senza etichetta e forse una canna e parlano di qualcosa che lei non riesce a capire per via della musica troppo forte, ma si capisce che si divertono un sacco.
Si stringe nel golfino leggero mordicchiandosi il labbro, come sempre fa quando non si sente a proprio agio, cioè molto spesso.
Vede vicino alla chiesa, appoggiato al muro, il Costanzi, il figlio del barista che sembra, lui sì, a proprio agio con la sua nuova ragazza – la quale, tra le altre cose, si dà il caso sia la cugina della ragazza infreddolita, nonché la custode (auto-nominatasi) delle chiavi del motorino che dovrebbe riportare a casa entrambe – non proprio bella, ma molto attraente per via del seno sotto la canottiera bianchissima e della gonna corta azzurro pastello e delle calze corte a righe rosse e gialle e blu e delle scarpette viola o fucsia con il tacco alto, appoggiata a lui, anzi attorcigliata a lui, ed entrambi non si capisce bene se ridono o cosa, ma si stanno divertendo un sacco, questo è poco ma sicuro.

Il ragazzo ballerino indossa una di quelle magliette bianche aderenti che mettono in risalto i muscoli – anche se lui, di muscoli, non sembra averne troppi – con una scritta fatta di brillantini argentati che dice tipo: SeXXXy, con tre X e qualcos’altro che non si riesce a capire. Ora si è fermato e sta scambiando qualche parola con un tizio più grande di lui che ha i capelli legati in una coda grigiobiondounta che gli frusta la schiena grossa e un po’ scoliotica e tiene in mano un bicchiere di plastica e ne offre ripetutamente il contenuto al ragazzo ballerino che ripetutamente rifiuta con gesti goffi.
Il ragazzo ballerino lancia qualche occhiata oltre le spalle del tizio con la coda, verso il chiosco delle frittelle. L’orchestrina parte con un tre quarti dall’arrangiamento indecifrabile: poco curato o coraggiosamente sperimentale.

La ragazza infreddolita non è più infreddolita come prima. Adesso sembra molto attratta da una bottiglia di vetro con il collo rotto, nell’angolo tra il muretto e la facciata del Comune, ma in realtà sta cercando di capire se l’occhiata di quel ragazzo con la maglietta bianca SeXXXy che ha intercettato poco fa fosse realmente rivolta a lei. Decide di distogliere per un attimo lo sguardo dalla bottiglia e ancora una volta incrocia lo sguardo del Ragazzo Con La Maglietta Bianca SeXXXy, e ancora una volta sente una contrazione rovente dalle parti dello stomaco che la costringe a costringersi a fissare di nuovo la bottiglia rotta, mentre con una mano si massaggia il ventre cercando di sembrare disinvolta. Forse sta involontariamente sorridendo, ma non ne è sicura, quindi per esserne certa sorride volontariamente, coprendosi la bocca con una mano per non destare sospetti. Rimane così per qualche secondo, nella posa non molto plastica di chi pensa intensamente, oppure sta per dare di stomaco, o ha solo molta paura di qualcosa. Cerca di immaginare la propria faccia allo specchio, a come potrebbe apparire in questo preciso momento. Incrocia di nuovo lo sguardo del Ragazzo Con La Maglietta Bianca SeXXXy e, non senza provare un fremito che pian piano si fa formicolio al collo e alle mani, che pian piano si fa calore alla base della nuca e sulle guance, si rende conto che il Ragazzo Con La Maglietta Bianca SeXXXy sta camminando verso di lei con passo svelto e deciso, anche se curiosamente impacciato.

Il figlio del barista, nel frattempo, si sta dando da fare con le mani sotto la canottiera bianca della sua ragazza multicolore, ignorando stoicamente ogni sia pur blando tentativo di resistenza.

Sul palco la cantante sventola, maliziosa, i volant della gonna blu cangiante, annunciando un pezzo dolce dolce dolce che farà sciogliere i cuori di tutti come panna montata. L’orchestrina attacca non proprio a tempo, ma si riprende quando lei inizia a cantare. Ed è proprio brava, questo bisogna ammetterlo.

- Ciao (lui sorride sollevando il mento)
- Ciao (lei studia ogni minimo particolare della punta delle proprie scarpe: un filo bianco che sbuca solitario, una macchiolina grigia a forma di testa di topo o di cuore o di gelato, un miliardo di particelle di polvere luccicante)
- Sei sola? (ora lui se ne sta impettito con le braccia lungo i fianchi e i piedi perfettamente allineati)
- Sì. (lei gli guarda per un secondo la bocca, poi torna alle proprie scarpe, poi il naso, poi ancora le scarpe)
- E che ci f -
- Non sono proprio sola. Cioè sto aspettando mia cugina.
- Io invece sì. E dov’è?
- Chi?
- Tua cugina.
- È là. Laggiù. (indica la chiesa con una mano che subito si ritrae, come ustionata)
- (lui si volta ruotando tutto il corpo come se portasse un collare ortopedico) Ah, ecco.
- …
- Ero laggiù, sai, e ti ho vista tutta sola ed ho iniziato a chiedermi se tante volte tu, per caso, ti stessi annoiando ad aspettarla. (nessuno dei due si rende conto del sottile paradosso contenuto in questa affermazione)
- … (lei non ha mai desiderato così tanto essere da un’altra parte: al buio sotto le coperte; a casa di sua cugina a guardare un film qualsiasi, mangiando quei biscotti con i pezzi di cioccolato e bevendo i liquori di suo zio, magari la crema di whisky che ci puoi inzuppare i biscotti cosicché, dopo dieci o undici o dodici biscotti, sei ubriaca e non te ne accorgi fino a quando una delle due inizia a ridere di una scena del film che in realtà, lo sai bene, non fa ridere, ma ora sì, e quindi siete ubriache, e mettiamo a posto la bottiglia che se mio padre torna e non la trova si incazza, ma non ti ricordi quanto ce n’era prima, allunghiamola con l’acqua e smetti di ridere, attenta, che se lo versi sul tappeto di mia madre siamo morte stecchite, morte stecchite, morte stecchite ti dico.
Ma più di ogni altra cosa vorrebbe essere al posto di sua cugina, tra le braccia del figlio del barista dai begli occhi nocciola e il ciuffo finto-spettinato e il sorriso bianco e sicuro da attore triste, e questo pensiero, per un attimo, è come uno spillo che le attraversa il cervello)
- Tutto bene?
- Sì, grazie.
- Hai voglia di ballare?

C’è da dire che a questo punto il pezzo dolce dolce dolce è giunto al secondo ritornello e fra poco, dopo un breve inciso e un terzo e ultimo refrain aumentato di un semitono, ci sarà l’assolo di chitarra elettrica, grande momento di gloria per ogni chitarrista che si rispetti e – oserei dire – grandissimo momento di gloria per questo chitarrista in particolare, dato che alla fine del concerto annuncerà l’amaro ritiro dal mondo della musica, a causa della veneranda età che lo vede continuamente costretto, prima di ogni esibizione, a far uso di dosi massicce di caffè corretto con grappa artigianale, in modo tale da mantenere fresca l’energia che, cinquantasette anni fa, durante la memorabile esibizione in onore del matrimonio del primogenito del sindaco (Alceo Capoverdi, che sposò una ragazza strana e bellissima di nome Stella, di cui si sapeva poco o niente, e venne ritrovato impiccato alle pale del ventilatore da soffitto di una suite dell’Hotel Real a Ibiza, dove i due stavano trascorrendo la luna di miele; una vicenda davvero triste che sconvolse il paese per un po’, finché a nessuno importò più niente) fece innamorare perdutamente di lui la sua attuale moglie, Agostina detta La Tina, una donna che come lei ce ne saranno forse sei o sette al mondo, a voler essere per forza ottimisti.

- No, grazie, è meglio di no.
- Allora andiamo a fare una passeggiata? Neanche a me piace la musica.
- Non ho detto che non mi piace la musica, solo che devo aspettare mia cugina.
- (Non sarà proprio uno sciupafemmine né, tanto meno, un fine stratega del corteggiamento, ma per qualche motivo riesce a cogliere una piccolissima crepa nella voce della ragazza quando pronuncia la parola “cugina”, e questo lampo improvviso gli dà la certezza di poter, anzi, dover a tutti i costi perseverare, optando per una brusca inversione di marcia atta a dissimulare un’abile circumnavigazione tattica che, ne è sicuro, non lascerà vie di fuga) Non fa niente. Pensavo sarebbe stato carino fare due passi, ma evidentemente ti stai divertendo così tanto che preferisci rimanere qui da sola, mentre tua cugina si sta annoiando a morte con le mani del Costanzi dentro il reggiseno. Oppure, semplicemente, non ti piaccio e non sai come dirmelo. Oppure non lo so. Va bene. Ci vediamo. Vado a mangiare una frittella al cioccolato. Scusa ancora.

I due si guardano ed è come se la piazza intera trattenesse il respiro in attesa di qualcosa. L’orchestra si ferma. Qualcuno si schiarisce la voce.

- Aspetta. (dice lei)

Lui aspetta.

Lei dice facciamo due passi. Lui sorride, e non è un sorriso da attore triste, ma solo un sorriso qualsiasi. Iniziano a camminare e a lei sembra di sentire un cigolio nelle ginocchia e pensa ma quanto sono stata ferma?
Si incamminano verso il chiosco. I ragazzi continuano a bere e fumare. L’uomo delle frittelle chiede cosa desiderate? e lui si volta verso di lei e chiede cosa desideri? e lei dice una al cioccolato e lui si volta verso l’uomo e dice due frittelle al cioccolato.
Poi sono seduti sulla panchina del parco giochi dietro la piazza.
Poi lui mangia la frittella troppo in fretta e rischia di strozzarsi e lei gli dà un po’ d’acqua.
Poi sono sulle altalene. Lei sta parlando della sua famiglia. Dice che dopo il diploma vorrebbe andarsene. Lui dice che fa bene perché qui non c’è niente di niente di niente di niente di niente di niente.
Lei dice che la maglietta di lui è orribile.
Lui dice che è di suo fratello e che l’ha messa per sbaglio perché non sta mai attento all’abbigliamento e certe volte indossa le prime cose che trova.
Lei dice che questo non esclude il fatto che in questo momento stia indossando una brutta maglietta.
Lui dice che gli occhiali marroni la fanno sembrare un po’ vecchia.
Lei dice che lui balla come un orso.
Lui dice che lei, se non fosse per lui, sarebbe stata tutta la sera seduta su quel muretto.
Lei dice che vorrebbe essere lì, su quella stessa altalena, con il figlio del barista.
Lui dice che il figlio del barista l’avrebbe già violentata.
Lei dice che almeno lui si sarebbe dato una mossa.
Lui dice ti sposerei solo per il gusto di tradirti.
Lei dice ti sposerei solo per farmi mantenere e poi ti tradirei.
Lui dice mia madre farebbe di tutto per umiliarti.
Lei dice mio padre farebbe di tutto per ucciderti.
Lui dice se avessimo dei figli ci odierebbero a morte.
Lei dice se avessimo dei figli saremmo noi a odiare a morte loro.
Lui dice sei acida e intrattabile e morirai sola.
Lei dice sei stupido ed egocentrico come tutti gli stupidi e morirai solo.
Lui dice al tuo funerale ci sarò solo io.
Lei dice e al tuo non ci sarà nessuno.

Lui dice io non ti amerò mai.
Lei dice io non ti amerò mai.

Si baciano.

Ed ecco quello che accadrà dopo.

Il chitarrista, dopo aver annunciato il ritiro dal mondo della musica ai pochi rimasti e aver ricevuto un applauso debole ma prolungato, andrà a casa a farsi un caffé corretto con grappa artigianale; sua moglie, visibilmente commossa e con gli occhi gonfi dal sonno, gli dirà non credo che una donna possa aver mai amato così tanto un uomo.
La cantante si fermerà al bar e dopo qualche ora e qualche bicchierino rimorchierà un giovane sbandato che tutti in paese chiamano l’ingegnere, anche se non è davvero un ingegnere; lui dirà che gli ricorda sua sorella, lei dirà che ha ancora sete.
Il figlio del barista, un po’ deluso dalla brutta piega che ha preso la serata, dato che la stronzetta non ne ha voluto sapere di andare a casa sua, raggiungerà i suoi amici vicino al chiosco delle frittelle e si metterà a bere e fumare con loro finché non perderà l’equilibrio e cadrà sbucciandosi la fronte e verrà riportato a casa di peso.
Il tizio con la coda grigiobiondounta, (quello che offriva ripetutamente la birra al Ragazzo Con La Maglietta Bianca SeXXXy all’inizio del racconto), tornerà a casa e si addormenterà davanti ad una pubblicità di un istituto di credito che garantisce prestiti veloci in 24 ore da €1.000 fino a €30.000, tasso fisso.
Il Ragazzo Con La Maglietta Bianca SeXXXy si dirigerà verso il minuscolo parcheggio dietro il parco giochi, slegherà la sua bicicletta – che lui, in certi momenti e di fronte alle persone giuste, chiama La Bimba – e pedalerà verso la periferia del paese (che in un certo senso è già da considerarsi periferia della città più vicina) mentre sentirà odore d’estate, cosa che non risulterà affatto strana, dato che siamo in Luglio inoltrato.
La ragazza con gli occhiali marroni aspetterà ventisette minuti nella stessa identica posizione, seduta sul muretto, con le braccia incrociate e il ricordo di un sapore che pian piano svanisce, ma per niente infreddolita, finché arriverà sua cugina che, stizzita per qualcosa che non vorrà spiegare, le dirà andiamo via.

E la piazza si svuoterà e il chiosco chiuderà.
E alle 4 e 32 in punto, nel silenzio della notte, forse, qualcuno griderà forte, dalla finestra di casa sua, una parola che nessuno sentirà.

E questo, più o meno, dovrebbe essere tutto.

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