Sardegna
di Gianvittorio Randaccio

Una cosa che da moltissimi anni nella mia testa rimane nella più assoluta indefinitezza è la Sardegna. È da quando sono piccolo che la gente mi parla delle sue vacanze in Sardegna, del mare bellissimo della Sardegna, dei traghetti per andare in Sardegna, e io ogni volta mi trovo a non sapere cosa dire, perché, anche se ho trentasei anni e nella mia vita ho fatto anche l’interrail, quindi una certa propensione per il viaggio ce l’ho, in Sardegna non ci sono mai stato. Una volta si parlava molto anche dei rapimenti della Sardegna, ma adesso mi sembra che questa cosa attiri meno l’attenzione delle persone che parlano della Sardegna, probabilmente perché i rapitori si sono dati una calmata.
Le cose che conosco a proposito della Sardegna sono poche e tutte per sentito dire: so che è in Italia, so che è un’isola, so che è sotto la Corsica, che è un’altra isola simile ma francese, so che il capoluogo è Cagliari, e so che ha una forma un po’ allungata ma abbastanza proporzionata, non è una cosa tipo il Giappone, che sembra un fagiolino, stretto e lungo, o la Svezia, che ricorda uno spermatozoo gigantesco. Al massimo può assomigliare a una patata, o a un sandalo, come dicevano i greci secondo un mio amico.
Parlare della Sardegna mi mette sempre in grande difficoltà, perché quando la gente va lì in vacanza e poi torna e te ne parla, dà per scontato che tutti almeno una volta nella vita ci siano stati e abbiano delle conoscenze di base, anche minime, per affrontare un dialogo serio e soddisfacente sulla Sardegna. Così ti citano per nome le calette e le isole che hanno visitato, ti raccontano delle barche che hanno visto, delle città in cui sono stati, con una gioia e un orgoglio che è palpabile, che quasi puoi toccare con mano, tanto è evidente. Perché poi, ogni volta in Sardegna tutto è meraviglioso e le vacanze lì non sono mai delle vacanze brutte, ma di una bellezza sconvolgente.
Tutte le volte che cominciano questi discorsi sulla Sardegna, io cerco di far finta di niente, di annuire con uno sguardo interessato, ma senza avere negli occhi quella smania di sapere di più, o quel desiderio di fare delle domande, di sviscerare per bene questa meravigliosa isola che a tutti sembra un vero e proprio paradiso terrestre. È come chiacchierare con uno che parla in tedesco: io ascolto, annuisco, sorrido, ma spero sempre che questa ipotetica persona che parla in tedesco la smetta una buona volta, perché io di tedesco non conosco nemmeno una parola.
Uno, per esempio, mi dice che è stato alla Maddalena, che da poco ho scoperto che è un’isola, ma che non so minimamente collocare in una ipotetica cartina della Sardegna: sarà a sud, a nord, a est, a ovest? E chi lo sa? Oppure un altro mi dice che è stato a Porto Cervo, dove è pieno di gnocca e di gente ricchissima. E io anche qui non so mica dov’è Porto Cervo, non l’ho mai vista neanche in cartolina, Porto Cervo, ne ho solo sentito parlare da mia nonna. E anche Cagliari, che sicuramente è una città importante, se uno mi dice dov’è io lo ringrazio, perché non mi è mai venuta nemmeno la curiosità di saperlo.
Tutti, poi, parlano sempre del mare meraviglioso della Sardegna, che è un po’ quasi come parlare della costituzione, bisogna avere lo stesso rispetto che si è obbligati a concedere a un dogma che non ci si può permettere di mettere in discussione per nessuna ragione al mondo. Anche se in realtà io il mare meraviglioso della Sardegna faccio una gran fatica a immaginarmelo, perché di mari belli nella mia vita ne ho visti, in ogni parte del mondo, e ogni volta che ho visto un mare bellissimo, dentro di me mi sono detto che quello era sicuramente il mare più bello del mondo. Mi sbagliavo, evidentemente, perché ogni volta le persone che erano vicino a me a godere di quel mare bellissimo mi dicevano che il mare della Sardegna era sicuramente più bello. E se anche non era più bello era come minimo una cosa di un fascino che io non potevo capire. E in effetti ogni volta mi sono trovato a pensare che dev’essere veramente una cosa fantasmagorica questo mare meraviglioso della Sardegna, perché se è più bello di quelli che ho visto vuol dire che è di una trasparenza che tende quasi all’assenza, che lotta instancabilmente contro la materia, roba che se fai un tuffo magari ti viene paura di sbattere sugli scogli di sotto, perché è un mare così trasparente che sembra non ci sia. L’estate scorsa, per esempio, sono stato in Sicilia, e lì io posso assicurare che il mare è veramente incantevole, in alcuni punti c’è un’acqua che quasi puoi vedere i piedi di uno che sta facendo il bagno a un chilometro da te, tanto è pulita e trasparente. E allora mentre facevamo il bagno in queste stupende acque siciliane la mia fidanzata, che è stata in Sardegna più di una volta prima di conoscermi, a un certo punto ha detto che quel mare era bello, sì, ma mica come quello della Sardegna, che era sicuramente più bello. E questo mi ha fatto anche un po’ arrabbiare, perché mi sono sentito un morto di fame, che la porta in vacanza in un posto che è bello, sì, ma neanche poi tanto.

Ogni persona che va in Sardegna ha il suo aneddoto da raccontare, alcuni ne hanno anche più di uno, perché sembra quasi scontato che in Sardegna accadano fatti mirabolanti e indimenticabili, che uno si sente quasi obbligato a raccontare, sarebbe un peccato tenerli tutti per sé. Una volta un mio amico mi ha raccontato che lui e la sua fidanzata hanno parcheggiato la macchina sul ciglio della strada e con solo le infradito e due asciugamani hanno camminato per tre ore, fino a quando non sono arrivati nella spiaggia più bella che avessero mai visto e lì hanno goduto del sole e del mare più incredibili sulla faccia della terra; e la cosa più bella era che erano completamente soli, perché nessuno conosceva quella spiaggia, e anche dal mare nessuna barca era arrivata ad attraccare e a disturbare quel silenzio marittimo così magico. Anche le tre ore del ritorno alla macchina non le avevano quasi sentite, tanto erano ancora immersi nell’atmosfera senza tempo di quella spiaggia sarda. Oppure una volta ho sentito parlare un signore in treno e diceva che una cosa bellissima che gli era successa in Sardegna era che era finito in una spiaggia che, purtroppo, quel giorno era affollata, per via di una strana festività tipicamente sarda. Nonostante questo, però, lui era riuscito a trovare un posto microscopico su quella sabbia finissima e quando aveva fatto il bagno si era stupito della presenza di migliaia di pesciolini che sguazzavano a riva, incuranti di tutta la gente che faceva il bagno. Al signore era sembrato che anche i pesci sentissero quell’atmosfera così serena e tranquilla che trasmetteva la Sardegna e che anche loro volevano godersela un po’, anche se in acqua avevano il loro bel daffare per evitare di infilarsi in qualche costume da bagno o, peggio, essere schiacciati da qualche pinna. Un’altra volta, a un concerto, ho sentito uno che diceva a un suo amico che in Sardegna, sarà stato l’anno prima, in un posto chiamato Capo Teulada, lui e la sua fidanzata erano saliti sulla barca di un pescatore che li aveva portati vicino a delle stupende scogliere, e che erano anche entrati in delle grotte che da fuori neanche lo capivi che erano delle grotte, sembravano delle fenditure nelle rocce, che al massimo ci passava qualche uccellino, e neanche tanto grosso; ecco, erano lì, e si erano anche fermati per fare il bagno nel mare più bello che avessero mai visto, appena fuori dalle grotte, quando ecco che lui aveva pensato che, vacca boia, si era dimenticato di prendere la maschera con il boccaglio, e questo gli aveva fatto venire un nervoso che ancora gli prudevano le mani, a ripensarci, visto che un posto così se lo sognava di rivederlo.

Le uniche informazioni di un certo peso che in famiglia mi arrivavano sulla Sardegna erano quelle di mia nonna, che mi raccontava che lei in Sardegna ci andava una volta, perché conosceva personalmente l’Aga Khan, una delle persone più ricche del mondo, che negli anni Cinquanta, siccome gli piaceva la Costa Smeralda, aveva deciso di costruire tutta una serie di case per i suoi amici e conoscenti, portando tutto il mondo che contava, quello del jet set internazionale, su quelle spiagge così belle e sabbiose. Tutte quelle case erano poi diventate Porto Cervo, che una volta era veramente una meta esclusiva, dove potevi andare solamente se avevi il sangue blu o se eri amico di qualcuno di molto importante: di giorno si facevano dei gran bagni nel mare stupendo della Sardegna e alla sera c’erano sempre dei ricevimenti principeschi in cui si pasteggiava con ostriche e champagne e si ballava con l’orchestra fino a tarda notte. Poi, purtroppo, diceva mia nonna, quell’atmosfera si era un po’ rovinata e tutto era si era di molto involgarito, perché a Porto Cervo avevano cominciato ad arrivare un sacco di borghesi arricchiti che si facevano chiamare signori anche se erano dei cafoni con un sacco di soldi, che le buone maniere non sapevano neanche cosa fossero. Lei, così, in Sardegna non ci era più andata, e anche quando ci si avvicinava con la barca di qualche amico, sentiva una tale puzza di cafonaggine che nemmeno si tuffava per fare il bagno.

Sempre mia nonna, poi, ogni tanto mi raccontava che la mia famiglia una volta la conosceva bene la Sardegna, visto che il mio bisnonno veniva proprio da lì e lì aveva anche una fidanzata che avrebbe dovuto sposare nel giro di breve tempo a un’età molto giovane, come si faceva a quei tempi. Solo che il mio bisnonno era un soldato e un bel giorno era stato mandato sul continente, come dicono i sardi, perché doveva fare qualche corso da ufficiale e poi perché aveva il pallino dell’aviazione, che in Sardegna invece era poco diffusa: la gente sarda non sapeva neanche cos’era un aereo, andavano tutti in giro con gli asini e i carretti, al massimo la gente che viveva vicino al mare aveva una barchetta. Ecco, il mio bisnonno era andato via e per un po’ non era tornato, girando per Torino, Vercelli, Modena e altre città italiane, tanto che si era dimenticato della sua fidanzata sarda e si era sposato con una ragazza del continente, facendo addirittura anche quattro figli. Quando la fidanzata sarda e i suoi parenti avevano scoperto questa cosa si erano arrabbiati moltissimo e avevano fatto sapere al mio bisnonno che se fosse tornato in Sardegna non ne sarebbe più uscito vivo, e tantomeno avrebbe potuto raccontarlo a qualcuno; che loro lo aspettavano e lo avrebbero perdonato a suon di botte e bastonate. Così il mio bisnonno, che all’inizio non era tornato in Sardegna perché aveva un sacco di cose da fare sul continente, poi non era più tornato in Sardegna perché avrebbe rischiato di morire, cosa che gli era successa poi neanche tanto tempo dopo in guerra, in maniera più eroica e sensazionale.

Per lungo tempo, ma è un pensiero un po’ stupido, forse, ho pensato che potesse essere stato il mio bisnonno ad attaccarmi a sua insaputa questo sentimento di forte incomprensione con la Sardegna che, in termini che mi sono sempre poco chiari, mi impedisce di considerarla come una qualunque regione italiana, come un posto che, se volessi, potrei visitare in qualunque momento. Ho pensato che probabilmente le sue questioni con la gente sarda si sono tramandate misteriosamente per tre generazioni, fino ad arrivare a me che, se mettessi piede in Sardegna e venissi riconosciuto, mi troverei a dover fronteggiare decine di sardi armati di pietre e cocci di bottiglia, furiosi con me per il comportamento maleducato e offensivo del mio bisnonno. Quindi, per via quasi genetica, e solamente per quanto riguarda il genere maschile, visto che mia sorella in Sardegna ci è andata più di una volta, e sempre con grande entusiasmo, la ritrosia verso quest’isola deve essermi arrivata in qualche modo, anche se è una cosa un po’ strana, in effetti. E anche immotivata, perché magari i sardi sono persone poco vendicative e piene di comprensione per chi sbaglia e in genere vorrebbero solo perdonare e abbracciare chi si perde per la via. Però, chissà, forse il mio bisnonno l’ha combinata veramente grossa, e adesso sono io che, a distanza di un secolo, ne pago le conseguenze.

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