Biscotti al malto Fiore per un mondo migliore

A volte basta un personaggio a risollevare le sorti di un romanzo. È quanto accade in Biscotti al malto Fiore per un mondo migliore, esordio narrativo della padovana Laura Sandi. Durante le prime settanta pagine si entra nel mondo della piccola protagonista Leda Rothko, si conosce la sua stramba famiglia: il padre scultore, che produce un’opera ogni tre o quattro mesi, enorme, e ne vende una all’anno; la madre, che di sculture ne fa dieci al giorno, piccolissime, e ne vende centinaia ogni mese (“Grazie a mio padre ogni tanto diventavamo ricchissimi, ma grazie a mia madre eravamo ricchi ogni giorno”); e poi la nonna, che da giovane era una famosa cantante lirica; i gemelli Libero e Furio; il cane Watt; la governante Maria, che parla solo per proverbi e che in assenza dei padroni affitta la villa ai produttori di spot televisivi. Proprio uno spot televisivo è il primo ricordo di Leda. Lo spot dei biscotti Fiore, di cui, appena nata, è ignara protagonista, uno spot che sembra prometterle un futuro perfetto, fatto di donne e uomini belli biondi e sorridenti, stanze piacevolmente tiepide, biscottosamente ambrate, deliziosamente ventilate, meravigliosamente fiorite: “Biscotti al malto Fiore. Per un mondo migliore”. E invece il mondo è così così. Perché c’è una madre depressa, un padre sempre chiuso nel suo studio, e appena fuori dalla protettiva villa “bassa, larghissima e schiacciata sull’erba”, c’è la scuola – il Collegio delle Devote – dove Leda, l’unica a non conoscere “Ave Maria” e “Padre Nostro”, è il bersaglio preferito della nemica giurata Ludovica.
Durante le prime settanta pagine, si diceva, si entra nel mondo di Leda, e lo si fa apprezzando la scrittura della Sandi, impeccabile, ordinata, caratterizzata dall’uso ricorrente di similitudini – una più azzeccata dell’altra. Il problema, però, è che nonostante questo, la storia della piccola Leda scorre via veloce senza lasciare il segno. Senza riuscire a far provare qualcosa di diverso dalla pura e fredda ammirazione per il modo in cui Laura Sandi tratta le parole.
Questo fino a quando nella vita di Leda fa la sua comparsa Mario, burino quarantenne appassionato di lirica che, per un guasto alle linee telefoniche, ogni volta che prova a chiamare il maestro di dizione Rubertelli telefona invece a casa Rothko. Quello che all’inizio sembra un personaggio caricaturale alla Verdone si rivela presto essere non solo l’ancora di salvezza di Leda, che grazie ai suoi consigli telefonici impara ad affrontare il mondo e conosce la prima cotta della sua vita, ma dell’intero romanzo, che da questo momento in poi migliora pagina dopo pagina. Personaggi prima bidimensionali, caratterizzati in modo approssimativo, iniziano ad acquisire spessore e significato all’interno della storia, che a sua volta si immette sul giusto binario. Attraverso lo sguardo incantato di Leda si assiste così alla sua crescita, alternando, finalmente, momenti davvero ironici e divertenti a momenti davvero dolorosi o riflessivi. Fino al superamento dell’infanzia.
Laura Sandi merita attenzione. Non solo per quanto fatto con questo ottimo romanzo d’esordio, ma, soprattutto, per quanto potrebbe riuscire a fare in futuro.
Francesco Sparacino
Questo articolo è stato pubblicato in recensioni. Bookmark the link permanente. Scrivi un commento o lascia un trackback: Trackback URL.

Scrivi un Commento

Il tuo indirizzo Email non verra' mai pubblicato e/o condiviso.

Puoi usare questi HTML tag e attributi: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <strike> <strong>