Splendido splendente

Autore: Ivan Guerrerio
Casa editrice: Agenzia X
Pagine: 105

Sono due i meriti principali di Splendido Splendente, romanzo d’esordio con cui Ivan Guerrerio ha vinto il Premio Calvino 2009. Il primo è di fare un uso minimo della punteggiatura senza mai ricordare il fin troppo imitato Tondelli di Altri libertini e Pao Pao. Il secondo è di riuscire a intrecciare la vicenda individuale di Moana Pozzi con l’esperienza collettiva di un’Italia che procede euforica e cieca verso il precipizio.
La narrazione è affidata alla voce di Marzio Milani che, dopo aver conosciuto Moana quando entrambi non sono ancora ventenni, ne segue a distanza i primi tentativi di farsi spazio a Cinecittà, il debutto nel porno come se fosse solo un momento di passaggio, un mezzo per arrivare al cinema vero. Attraverso scambi di lettere e brevi incontri ne riporta umori, dubbi, speranze, storie fugaci con colleghi, calciatori, uomini d’affari, politici, fino alla consacrazione come icona del sesso, al Partito dell’Amore, al ritiro dal mondo dell’ hard di cui pochi si accorgono perché continuano a uscire film «con scene rimontate […] inserti estemporanei per usare il suo nome in copertina e vendere più copie», alla morte improvvisa nel 1994. Guerrerio segue un percorso che parte dall’Italia dell’uccisione di Moro e, concentrandosi sugli anni d’oro di Craxi, sfiorando Tangentopoli, la nascita della Lega, arriva ai giorni nostri. Il tutto con un ritmo velocissimo – eliminando le virgole, concedendosi solo punti e punti interrogativi – ovviamente pensato ad hoc in relazione al personaggio Moana Pozzi («Sono una che le esperienze le brucia. Vissuto. Finito. Archiviato.»), procedendo per accostamenti e contrasti costanti. Così alla Milano della moda e dell’ascesa della tv commerciale, dove vive Marzio («il posto adatto per fare shopping per entrare da Fiorucci e comprare scarpe da ginnastica disegnate dagli artisti con i pennarelli fluorescenti [...] questa città che pare sempre oscillare fra New York e Varese»), fa da contraltare la Roma del cinema in cui muove i primi passi e si afferma Moana, mentre il porno americano con set che sono veri set, «orari sindacali, attori che curano il loro corpo, scenografi che curano la scena» appare come un paradiso rispetto a quello italiano del «‘nnamo, famo, daje».
Sempre sul contrasto gioca una delle tante scene ben riuscite del romanzo, in cui Marzio è seduto allo stesso tavolo di Moana Pozzi, Ilona Staller, Riccardo Schicchi: «Sono tutti molto amichevoli e quando parlo di Trivial di questo nuovo gioco che sta per essere lanciato sul mercato sono tutti interessati e questa ragazza che si è presentata come Ramba si scrive il nome su un foglio e dice devo proprio regalarlo a Natale a mio nipote e alla fine nasce una discussione su Monopoli e sul perché contrariamente a quanto si potrebbe pensare è difficile vincere costruendo alberghi in viale dei Giardini».
Ne viene fuori un romanzo di appena cento pagine che sembrano il doppio per densità e contenuti, in cui, attraverso la figura di Moana Pozzi, Guerrerio racconta i sogni e le illusioni di un’intera nazione in un decennio (gli anni ’80) che tanto sembrava promettere ma poco ha concesso.
Francesco Sparacino
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