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Los Ingrávidos. Intervista #6 Antonio J. Rodríguez

1) Quanti anni hai, che libri hai pubblicato e come ti guadagni da vivere?
Ho ventiquattro anni e ho pubblicato due libri, Fresy Cool e Exhumación. Fresy Cool è uscito a gennaio ed è il mio primo romanzo. Exhumación è un racconto lungo, l’ho pubblicato due anni fa insieme a Luna Miguel, la mia ragazza, ed è stato una specie di allenamento per quello che sarebbe seguito. Oltre a scrivere narrativa lavoro come free lance facendo diverse cose, soprattutto traduzioni dall’inglese allo spagnolo.

2) Come e quando hai iniziato a interessarti alla letteratura? C’è un libro, uno scrittore o un evento della tua vita che ti ha spinto a scrivere?
Ho iniziato a leggere compulsivamente a quindici, sedici anni. Dai ventuno mi sono dedicato con impegno alla scrittura. Forse l’autore che mi ha segnato di più è stato David Foster Wallace, ho anche scritto una tesi sulla sua narrativa breve come progetto di fine master. Più in generale, mi hanno influenzato numerosi scrittori nord americani nati negli anni sessanta.

3) Puoi raccontarci i tuoi momenti più difficili da scrittore inedito e come sei arrivato alla pubblicazione?
La storia è molto semplice. Ho terminato il manoscritto e l’ho inviato a varie case editrici. Stranamente mi ha risposto uno degli editori da cui non mi sarei mai aspettato una risposta, Mondadori. Senza che avessi avuto alcun rapporto precedente con qualcuno della casa editrice, mi hanno chiamato e mi hanno detto che volevano pubblicare il mio libro. Quindi i miei inizi da scrittore sono stati piuttosto facili.

4) Di cosa parla Fresy Cool?
Fondamentalmente, io lo vedo come una satira dell’uomo di lettere, di quelli che come me hanno un rapporto molto forte con la letteratura, da due punti di vista: da una parte il giornalismo culturale, l’aspetto più divulgativo e «frivolo», e dall’altra l’università, che è l’opposto, un ambiente più serioso e convenzionale. Quello che alimenta il libro sono queste due visioni dello stesso tema dal quale si ramificano situazioni e conflitti affettivi dei personaggi. Inoltre, ha un ruolo molto importante la narrazione di Madrid, dove è ambientata la quasi totalità del romanzo.

5) Quanto il lavoro degli editor ha cambiato i tuoi testi?
Mi hanno lasciato piena libertà. C’è stata una revisione interessante per quel che riguarda gli errori stilistici, ma riguardo a temi, trama e capitoli non mi hanno imposto vincoli.

6) Cosa sta succedendo attualmente nella scena letteraria spagnola? Di cosa si scrive? Secondo te quali sono in questo momento gli scrittori spagnoli più importanti?
Tra il 2007 e il 2011, sulle pagine culturali e quando si organizzavano incontri tra scrittori e conferenze, c’era qualcosa di cui tutti parlavano, il dibattito intorno alle forme della narrazione, cioè la letteratura dell’ottocento contro la narrativa che si sarebbe dovuta scrivere nel ventunesimo secolo. Si dividevano gli autori tra quelli che difendevano un’estetica lineare e quelli che erano più interessati alla frammentazione e a esperimenti vari. Ora siamo arrivati a un momento di saturazione, nel quale si è perso interesse per questo tipo di dibattito; al momento ho la sensazione che non esista uno sforzo per classificare gli autori in base alla maniera di narrare. Credo che questo sia positivo perché fa sì che si presti maggiore attenzione agli autori come singoli, come voci indipendenti. Per quello che riguarda gli scrittori spagnoli più importanti, io ne segnalerei quattro: Javier Calvo, un autore di Barcellona, che ha già un percorso importante alle spalle; Gonzalo Torné, che ha pubblicato un paio di libri, il secondo dei quali, Hilos de sangre, è particolarmente ambizioso; Luis Magrinya, che ha scritto romanzi e raccolte di racconti poco convenzionali; Rodrigo Fresán, che è uno scrittore argentino, ma residente in Spagna da molto tempo.

7) Quali sono le particolarità della tua generazione di scrittori?
Il tema di come si possa essere contemporanei l’hanno già approfondito gli scrittori della generazione precedente, quelli nati negli anni ’70. Noi della fine degli anni ’80, inizio ’90, non proponiamo un’estetica, né abbiamo redatto un programma letterario. Ognuno parla degli argomenti che più gli interessano, senza nessuna volontà di essere portavoce generazionali, di rivendicare un immaginario che sia esclusivamente nostro.

8) Che influenza ha la letteratura ispanoamericana su di te? La senti meno tua di quella spagnola? Quali sono gli scrittori ispanoamericani che apprezzi di più?
Non ho un elenco di autori che posso rivendicare come canone personale, il mio canone va dal saggio di critica letteraria, o di altre discipline, alla letteratura anglosassone. Sicuramente la letteratura latinoamericana mi ha influenzato meno di quella spagnola. Tra gli autori latinoamericani contemporanei quelli che mi hanno entusiasmato di più sono Bolaño e Rodrigo Fresán.

9) Com’è nato il racconto che hai pubblicato su Colla?
L’ho scritto poco dopo essermi trasferito a Barcellona. Gli scenari urbani mi hanno sempre attirato. In Fresy Cool per esempio si parla molto della città di Madrid. Questo testo è nato perché mi intrigava raccontare una città sulla quale non avevo mai scritto nulla e perché mi avevano chiesto un racconto per un’antologia pulp.

 10) Quali sono gli ultimi libri di autori italiani che hai letto?
 Il tempo materiale di Giorgio Vasta e Una volta il fuoco di Michele Monina.

11) Stai scrivendo qualcosa in questo momento?
Da più di un anno lavoro a un romanzo. Ho iniziato a scriverlo per il desiderio di creare narrativa partendo da discipline che a prima vista possono non sembrare adatte per fare letteratura: questioni economiche, ambientaliste, politiche. Volevo che la documentazione del libro mi servisse per addentrarmi in alcune materie di studio alle quali altrimenti non mi sarei interessato. Sto cercando di creare un ponte tra la letteratura sociale e dei temi più intimi.

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