La versione dell’agnello
di Angelantonio Citro

Stia fermo, signor commissario. Li ho uccisi io con questa pistola. Riconosce qualcuno di loro? Venivano sempre tutti e cinque. Il loro potere su di noi era dato prima di tutto dal fatto che avevano motociclette pesanti che si sentivano arrivare. Prima ancora della nuvola di polvere, dalla strada ci arrivava il rumore. Ogni dieci quindici giorni. Le motociclette facevano piangere mio fratello a dirotto. Mio padre lo picchiava per farlo smettere, ma poi piangeva anche mia madre, con la mano premuta sulla bocca, e lui non sapeva più che cosa fare. Venivano di giorno e dopo per diverse notti non si dormiva. Mio padre e mia madre mettevano a posto la fattoria. Noi, io e mio fratello, giravamo senza sapere che dire. La prima volta mio padre li ha aspettati sul portico con una spranga in mano. Aveva sentito parlare di loro alla locanda in paese. Noi, io e mio fratello, abbiamo sentito le motociclette e siamo corsi a vedere. Mio padre ci ha ordinato di chiuderci in camera nostra. Noi siamo saliti sulla cisterna dell’acqua per vedere meglio. Le motociclette erano prima solo un luccichio, poi dei punti neri sempre più grandi. Non c’era nient’altro che loro, la strada, la nostra fattoria e mio padre. Si sono fermati davanti a lui accelerando sul posto. Mio padre è andato verso uno di loro brandendo la spranga. Forse gli ha detto qualcosa, ma da lassù non abbiamo capito. Come ha mosso un piede, quelli hanno preso a girargli intorno. Mio padre correva ora qua ora là e gridava qualcosa. Poi uno di loro, quello grasso, questo accasciato qui sul trattore, è partito con la moto e l’ha buttato a terra. Gli altri hanno fatto qualche altro giro sollevando nuvole di polvere. Poi si sono fermati. Sono scesi. L’hanno riempito di calci. Mia madre è uscita sulla porta col forcone. Allora quello alto, questo infagottato qua a terra, le è andato contro. Lei ha provato a colpirlo. Lui ha afferrato il forcone per le punte e gliel’ha strappato di mano. Lei ha gridato. Si è chiusa in casa. Lui ha dato un calcio alla porta che non ha ceduto. Poi è tornato sulla moto. Ha preso la rincorsa e l’ha sfondata impennando. Dopo, quando se ne sono andati, mia madre ha urlato di tutto e che si doveva chiamare la polizia. Mio padre ha detto no, allora non hai capito. Quella volta a me e mio fratello non ci hanno trovati. Quando sono tornati ci siamo nascosti di nuovo sulla cisterna. Per la fretta ho fatto cadere la scala. Uno di loro ci ha sentiti e l’ha detto agli altri. Allora hanno preso delle taniche e hanno fatto un cerchio di benzina attorno alla struttura. Mia madre si è gettata ai loro piedi. Mio padre l’avevano trascinato dietro la casa e l’abbiamo trovato poi infilato nel pozzo. La struttura ha preso subito fuoco. Ho afferrato mio fratello. Ci siamo buttati dentro la cisterna. Era piena a metà e non toccavamo. Sentivamo la struttura scricchiolare. Faceva sempre più caldo. Poi la cisterna è crollata. L’acqua si è mescolata al terreno e ci siamo trovati a rotolare nel fango. Non so come non siamo morti. Ci hanno presi. Uno di loro, quello nero, questo qua sulla sedia, ha preso mio fratello. Gli ha tolto i vestiti e l’ha legato a un palo del portico. Si è calato i pantaloni e si è messo a incularlo. Il grasso e quello biondo, questo steso qua a terra, hanno messo in moto. Io sono corso via, verso la strada. Mi hanno raggiunto. Mi sono passati accanto tirandomi schiaffi. Poi hanno girato, sono tornati indietro e mi hanno colpito ancora. Quella sera, dopo che l’abbiamo tirato su, mia madre ha detto a mio padre di prendere il fucile da caccia. Mio padre piangeva. Ha sbattuto i pugni sul tavolo e ha risposto non se ne parla. Mio fratello non ha detto più una parola per il resto della settimana. Non è stato mai più lo stesso. Un’altra volta che quello nero lo inculava e quello rosso, questo qua sulla paglia, voleva che gli facessi una pompa, mia madre è uscita dal capanno imbracciando lei il fucile. Quello nero si è abbassato di più dietro mio fratello. Il rosso mi ha afferrato come scudo. Mia madre tremava. Ha puntato verso quello grasso ancora seduto in sella. Ha urlato via maledetti. Quello alto ha tirato su mio padre dal fango e quello biondo gli ha sparato con questa stessa pistola, signor commissario. Mia madre è caduta. Ha urlato in un modo che per poco non sono svenuto. Il fucile ha sbattuto a terra e ha sparato un colpo in aria. Quelli hanno cacciato le pistole e ce le hanno puntate contro. Ci hanno preso il fucile. Ci hanno violentati tutti e allora mi è venuta un’idea. Se non mi fosse venuta sarei impazzito, penso, come mia madre. Mentre seppellivamo mio padre dietro la casa, l’ho raccontata a mio fratello. Aveva paura. Gli ho detto che doveva fidarsi. Allora, come li abbiamo sentiti arrivare di nuovo, abbiamo chiuso in casa mia madre e ci siamo messi nudi a testa bassa qui, nel fienile. Quelli sono venuti. Ci hanno visti. Si sono dati di gomito. Si sono messi a ridere. Poi quello nero ha preso mio fratello obbediente e se l’è messo su a cavalcioni lì sulla sedia. Il biondo si è appoggiato alle spalle del nero e voleva che lo inculassi io. Ho accettato e il rosso è venuto a inculare me. Quello alto è uscito a cercare mia madre e il grasso si è seduto sul trattore a guardare. Il biondo ha cominciato ad accarezzare le spalle del nero. Il rosso mi ha preso per i fianchi e ho sentito il suo uccello. Ho inculato il biondo con il medio della mano sinistra. Senza farmi notare ho fatto scivolare l’altra mano sulla sua pistola. Ho dato una gomitata al rosso che ha ritirato l’uccello. Il biondo ha fatto per girarsi, ma l’ho inculato con la sua stessa pistola e ho sparato. Quello ha buttato la testa in aria. Ha sputato sangue ed è caduto. Mio fratello ha preso la pistola del nero e gli ha sparato alla pancia. Al grasso non ho lasciato il tempo di mettere mano alla sua. Poi il rosso si è lanciato su di me e mi ha spinto nel fieno. Ero nudo e mi sono tutto graffiato. Abbiamo lottato. Cercavo di puntargli la pistola, ma lui mi ha morso e me l’ha strappata. Ho urlato. Mio fratello ha sparato. Il rosso si è fatto rigido. Mi è rotolato addosso e mi sono sporcato del suo sangue. Ho ripreso la pistola e mi sono alzato. Ho detto a mio fratello di assicurarsi che fossero morti. Sono uscito dal fienile. Quello alto era in camera da letto addosso a mia madre. Lei urlava e lui non aveva sentito niente. L’ho chiamato, si è tirato indietro e gli ho sparato due colpi in faccia.

Sono rimasto fermo con la pistola puntata. Non so quanto tempo. Di sicuro più di tre ore. Mia madre piangeva, ma io non sentivo niente. Mio fratello è venuto, mi ha toccato e mi sono ripreso. Era vestito. Mi aveva portato dei panni. Mia madre era scesa in cucina. È ancora lì che si dondola con le mani fra le gambe. Io e mio fratello abbiamo avvolto quello alto nelle coperte e l’abbiamo portato di qua. Poi abbiamo buttato le motociclette una sull’altra e gli abbiamo dato fuoco. L’esplosione l’avete sentita fino in città e hanno mandato lei a controllare. Anche se io penso che lei sia voluto venire, in realtà. E anche di corsa. Sa, signor commissario, ho notato una cosa. Ho notato che tutte le loro pistole, quella del grasso, di quello alto, del nero, del rosso e persino questa, quella del biondo, sono uguali. Scommetto che anche la sua, che lei ora darà a mio fratello, è dello stesso modello, così come quelle di tutti gli agenti in città.

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