Atletico Minaccia Football Club

Autore: Marco Marsullo
Casa Editrice: Einaudi
Pagine: 224

Vivendo in un’epoca caratterizzata da un’enorme densità di commistioni culturali, sociali, linguistiche e tecnologiche, il concetto di «pop» si è ormai confermato quale stile riconosciuto e consolidato, con pieno diritto di cittadinanza nell’orizzonte artistico. Se parliamo di Atletico Minaccia Football Club, primo romanzo del napoletano Marco Marsullo, classe 1985, ci rendiamo subito conto di avere tra le mani proprio questo: un affresco popolare in movimento che si dipana tra le pagine con agilità e freschezza, conferendo alla scrittura quell’accelerazione tipica del linguaggio cinematografico.

Ritroviamo concentrati in un solo libro tutta una serie di elementi che scolpiscono alla perfezione una certa fetta di immaginario collettivo: protagonista è il mondo del pallone, con la sua retorica, le sue regole, i suoi valori e la sua epica. Con l’Atletico Minaccia Football Club, nato dalle rovine della Dinamo Giugliano per mano del proprietario del Mobilificio Baffoni e del suo luogotenente, lo scafatissimo direttore sportivo Lucio Magia, il mito del calcio è declinato nella sua versione più casereccia e scalcagnata, tra l’orgoglio e la miseria che passano senza soluzione di continuità sugli spalti dei campi di calcio della provincia campana, dove l’ombra lunga della camorra non risparmia neppure l’impeto genuino che anima i campionati di eccellenza.

Nella passione spasmodica dell’allenatore Vanni Cascione per lo «Special One» Josè Mourinho si riverbera uno spirito di rivalsa autentico, che va al di là del semplice desiderio di apparire vincente e si configura come una vera e propria missione, che, in modo ingenuo e quasi bambino, porta a sacrificare sull’altare del dio pallone, in nome di una passione e di un sogno, persino la solidità della famiglia. A disposizione del visionario Cascione, un campionario di «atleti» a dir poco farsesco, degno della migliore tradizione della commedia all’italiana: dal portiere cocainomane all’ex campione di Sarabanda, dal meccanico calciatore di fortuna al clandestino che gioca solo in trasferta, dal traslocatore cooptato sul campo a Baffoni jr, figlio del patron e negazione vivente del gioco del pallone, dall’ex concorrente di reality sportivo al giocatore più veloce a fuggire dal campo, causa colite cronica. Il tono narrativo è sempre scanzonato e ironico, anche quando bisogna fare i conti con una moglie furibonda, con le sconfitte, l’onta di un nuovo esonero, i giocatori insubordinati, i tifosi invadenti, le intimidazioni camorristiche. Una leggerezza diffusa pervade le pagine del romanzo e incalza con entusiasmo il lettore, pagina dopo pagina, partita dopo partita, al ritmo dell’ossessione verace del buon Vanni, nella marcia scomposta dell’Atletico Minaccia contro squadre dai nomi capolavoro, come il Cuzzone Scampia o gli Eboli Dragons, il Real San Marzano o la Robur Marcianise, il Torre Fùtbol e il Lokomotiv Volla, fino allo scontro epocale e senza esclusione di colpi con i mostri dell’Icp Sancerchione. In questo movimentatissimo manifesto pop, un po’ commedia di costume, un po’ ritratto socio-antropologico parecchio disinvolto, qualcosa si perde in termini di profondità e di concretezza, ma la compattezza di fondo dell’impianto narrativo regge fino alla fine, evitando il capitombolo di una conclusione prevedibile, «all’acqua di rose». Il linguaggio è felicemente mimetico rispetto all’indole dei personaggi, dal giornalista, pronto a catapultare l’allenatore dalla polvere all’altare a seconda delle circostanze, ai tifosi, assidui frequentatori del bar del paese e sempre pronti a tirare fuori il consiglio tattico giusto, ai dirigenti, impegnati a trasformare il calcio in affari, sacrificando la parola in nome dell’azione. Il romanzo di Marsullo restituisce al lettore una favola godibile e sincera, ricca di immagini talmente vivide da sembrare un film, con guizzi e sfumature che catturano l’attenzione e colpiscono anche chi è a digiuno di cross, calci d’angolo e calci di rigore. Gli si perdonano quindi piccole ingenuità, come la bidimensionalità di alcuni personaggi del «coro», che non riescono a raggiungere uno spessore superiore a quello di una figurina Panini o che rischiano di apparire fuori fuoco, come ad esempio la figlia di Cascione, che in alcune pagine si trasforma, in maniera leggermente straniante, nel Grillo Parlante o nel Maestro Yoda del padre.

 

Elisabetta Pasca

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