Cartongesso

Autore: Francesco Maino
Casa editrice: Einaudi
Pagine: 239

Leggendo Cartongesso su e-reader il dito va spesso sulla funzione «evidenzia»: sono tante infatti le frasi che meritano di essere rilette, schegge che raccontano una realtà in frantumi, deflagrata e implosa per eccesso di rabbia che cova quasi in ogni pagina («Lanciarsi giù sarebbe un attimo, penso. Ecco la rabbia che ritorna. Qual è l’origine di tutta questa rabbia? È di domenica che mi viene questo pensiero»).
L’ira che si abbatte sulle pagine dell’esordiente Maino è quella dell’avvocato Michele Tessari, e non risparmia nessuno, nulla si salva, l’arca di Tessari è vuota («In tutto questo ammasso di nientitudine»), su tutto aleggia un odio pervasivo e un nichilismo schiacciante. Nel suo monologo il protagonista si concentra su se stesso e su ciò che lo turba della società italiana degli anni duemila, del Veneto in particolare: una provincia da cui si sente soffocato, dove impera l’obiettivo fisso del guadagno e del conformismo come unica regola di vita («Ognuno ha il proprio bar, un bar del cazzo in cartongesso, cartongesso, penso, metà cartone, metà gesso, il cartone delle baracche da dove tutti proveniamo, il gesso che si sfarina come cocaina, quella che tutti aspirano, il bar, il proprio porto franco, il proprio atollo, i propri disperati prosecchi, le disperate bollicine, i disperati vodka tonic, i disperati spritz al Select, i vinelli più disperatamente strutturati, i rossi importanti, anch’essi disperatamente soli»).
L’invettiva del protagonista, figlia dell’incedere di Bernhard, ricorda quella di un altro autore veneto, Vitaliano Trevisan, anch’egli decisamente poco tenero nell’evidenziare negativamente e nel graffiare la provincia del nord-est, colpevole di aver smarrito la morale e d’essersi convertita a una politica influenzata da partiti con la fedina sporca.

Maino è irrefrenabile, i suoi strali sono diretti e incisivi, accumula elenchi di sostantivi e aggettivi mai inoffensivi, i periodi – a volte anche  lunghi – invece di stancare battono il tempo del libro, con il risultato che l’autore riesce a fornire all’unico vero personaggio del romanzo una lingua vivida e di qualità, ricca di dialettismi e neologismi,  che colpisce per la carica eversiva: una lingua che è un magma che brucia le parole e rende completamente brullo il panorama che si osserva.
Il talento di Maino è evidente nel ritmo dato al romanzo e nella forza del suo protagonista, che regge tutto l’impianto del libro: un avvocato degli ultimi (il suo cliente tipo è un extracomunitario che ha avuto problemi con la giustizia italiana), represso e instabile, insoddisfatto della propria vita, insofferente ai soprusi e alla volgarità del potere, che trascrive nervosamente i sismi che intaccano la società del cosiddetto bel paese, e lo fa con il pregio di uno stile autentico e originale.

Cartongesso invita a fare i conti con il presente, spinge letteralmente a prendere posizione non solo nei confronti del protagonista, ma anche nei confronti della nostra personale realtà quotidiana (da che parte stai?, sembra chiederci l’avvocato Tessari parafrasando De Gregori: «stai dalla parte di chi ruba nei supermercati  o di chi li ha costruiti rubando?»).
Il risultato finale è di quelli che lasciano il segno, decisamente fuori dal comune.

Giuseppe Rizza

 

 

 

Questo articolo è stato pubblicato in recensioni. Bookmark the link permanente. Scrivi un commento o lascia un trackback: Trackback URL.

Scrivi un Commento

Il tuo indirizzo Email non verra' mai pubblicato e/o condiviso.

Puoi usare questi HTML tag e attributi: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <strike> <strong>