Machete
di Chiara Rea

Quelli con cui aveva giocato a biliardo – e perso – si erano dileguati all’improvviso. Non li aveva visti andare via e per una frazione di secondo si chiese se quella partita avesse mai avuto luogo. Decise di bere qualcosa. Si piantò accanto al bancone, ma il barista sembrava troppo occupato ad asciugare bicchieri per accorgersi di lui. In piedi, le schiene appoggiate al bancone, stavano due ecuadoregni: uno tarchiato e con la faccia squadrata, l’altro più smilzo e con un sopracciglio spezzato a metà da una linea vuota. Lo guardavano, zitti, entrambi con le braccia conserte.
Il barista continuava a ignorarlo e a Jack non andava di richiamare la sua attenzione. Si guardò intorno. Su un divanetto rosso in fondo al locale, una ragazza e un uomo erano seduti a confabulare. La ragazza buttò indietro la testa ridendo, un gesto plateale e affettato che le permise di scuotere la fluente chioma castana. Aveva i seni piccoli strizzati dentro a un reggiseno nero che spuntava fuori dalla canottiera bianca attillatissima.
I due ecuadoregni continuarono a squadrarlo, con un accenno di sorriso. Jack indossava una felpa con la scritta Università di Vancouver (a cui non era iscritto), dei pantaloni corti beige con larghe tasche inutili, delle ciabatte di gomma blu con il logo dell’Adidas.
«Perché non me le regali?» gli chiese l’ecuadoregno tarchiato.
«Che cosa, scusa?» chiese Jack, arretrando di un passo.
«Le scarpe.»
«E poi come ci torno in albergo?»
«A piedi» gli rispose ridacchiando l’ecuadoregno col sopracciglio spezzato. Jack aveva già visto varie volte un sopracciglio del genere e si chiese se fosse spezzato per via di una cicatrice o se fosse invece fatto apposta, depilato. Cercò di sorridere.
«Allora facciamo uno scambio. La vedi quella là?» il tarchiato fece un cenno verso la ragazza del divanetto. «Tu mi dai le tue scarpe e io ti faccio dare un bacio a quella. Mi sembra uno scambio equo, no?»
Jack guardò la ragazza. Il tipo seduto accanto a lei le stava facendo vedere qualcosa, un pezzetto di carta o una fotografia, non riusciva a distinguere perché non ci vedeva molto bene senza occhiali. La ragazza aveva un’espressione di intenerito stupore.
«Ma chi è? La conosci?»
«Certo che la conosco. Tutti la conoscono qua.» Il tarchiato strizzò l’occhio a sopracciglio spezzato. «È la Roja.»
«Che vuol dire?»
«La chiamano così perché sembra una pellerossa.»
«Cioè?»
«Insomma, vuoi fare a cambio o no?»
«Ma è la tua ragazza?»
«Idiota, secondo te ti farei baciare la mia ragazza? La Roja non è la ragazza di nessuno.»
Jack lanciò un’altra occhiata alla ragazza che stava bevendo da una bottiglia di birra.
«Ehi, amico, non lo so. Mi puzza questa storia.»
«Cosa puzza? Tu mi dai le scarpe, io ti do la ragazza.»
«Non sono scarpe.»
«Cosa?»
«Ok. Proviamo.»
Sopracciglio spezzato lo guardò strabuzzando gli occhi come se avesse appena detto qualcosa di sconvolgente. Il tarchiato si voltò verso la ragazza di scatto, come azionato da una molla, e le gridò: «Ehi, Roja, ho un regalino per te!»
La Roja staccò la bottiglia di birra dalle labbra e gli gridò di rimando: «Jesus, i tuoi regali sono sempre una merda!» Poi scoppiò a ridere sguaiatamente. Il tipo della foto, o del bigliettino, si alzò e si avviò verso il bagno.
«Vieni qua, cretina» gridò ancora il tarchiato che a quanto pareva, pensò Jack, si chiamava Jesus. Che nome assurdo, pensò, in Canada nessuno chiamerebbe un figlio Jesus.
La Roja si alzò, facendo leva con le mani sul divanetto, come se pesasse decine e decine di chili in più di quanto non pesava davvero. Camminò ancheggiando lentamente verso di loro e quando li raggiunse si fermò in una posa da ballerina classica, con le punte dei piedi rivolte verso l’esterno e i talloni attaccati. Sopracciglio spezzato teneva lo sguardo fisso a terra, forse osservandosi le punte di ferro degli stivali di pitone.
«Ciao ragazzi» disse la Roja con una voce bassa che sembrava uscire direttamente dalla gola, senza passare per le labbra e la bocca.
«Ciao Roja» disse sopracciglio spezzato senza distogliere lo sguardo da terra.
«Ciao Capitano» disse la Roja rivolgendosi a sopracciglio spezzato. «Te la sei spassata ieri eh?»
Poi spostò lo sguardo su Jack e disse: «E allora, il mio regalo sarebbe lui? Te l’ho già detto che fai proprio dei regali di merda, eh Jesus?»
«Senti, brutta stronza, ma che cazzo vuoi?»
«Ehi ehi, tranquillo» disse alzando le sopracciglia e il tono di voce. Poi, diretta verso Jack: «Scusami, niente di personale, non ti volevo offendere: è uno scherzo tra noi due».
«Quale scherzo, stupida? Non ho nessuna voglia di scherzare con te.» Jesus si tolse le scarpe, e Jack capì che lo scambio era ormai sancito ufficialmente. Quando Jesus fu scalzo, Jack si sfilò le ciabatte e le spedì verso il tarchiato con due colpi del piede destro. Guardò le scarpe di Jesus – scarpe da ginnastica bianche consumate e di almeno quattro numeri più piccole del suo – e per un istante pensò di infilarsele, poi si ricordò che le regole dello scambio non prevedevano che si prendesse anche quelle.
«Tu vai fuori, cretina» disse Jesus rivolto alla Roja, che senza fiatare si diresse verso l’uscita e scomparve oltre la porta. Poi Jesus si infilò le ciabatte, alzò lo sguardo verso Jack e gli sorrise.
«Vai, su. Esci fuori, coglione, che la Roja ti aspetta» e rise come se avesse detto una cosa divertentissima. Continuò a ridere, mentre Jack si avviava fuori, e alla risata si unì anche il Capitano.

Fuori Jack trovò la Roja che faceva piccoli passi in avanti, poi si fermava e tornava indietro. La raggiunse e si chiese se fosse il caso di dire qualcosa, ma non gli venne in mente niente. Si trovarono uno di fronte all’altra, Jack con le spalle al muro.
La Roja tirò fuori un accendino dalla tasca e cominciò a giocherellarci, poi disse «Guarda!» e si passò la fiamma sul polso per un istante. L’odore dei peli bruciati gli salì subito alle narici e poi alla testa, ricordandogli un gioco che faceva da piccolo con suo fratello maggiore Sam. A volte scendevano in garage, si chiudevano nella macchina del padre e Sam accendeva un fiammifero dietro l’altro, aspettando che la fiamma annerisse il legno e arrivasse a lambirgli le dita. Poi lo scuoteva per spegnerlo e lo riponeva nella scatolina insieme a quelli ancora intatti. Un paio di volte Sam gli aveva avvicinato il fiammifero acceso e Jack, per la paura, aveva fatto un gesto brusco sfiorando il fuoco con il braccio o con la mano, ed era allora che aveva sentito quella stessa puzza di bruciato. Una volta Sam, mentre erano in macchina ad accendere i fiammiferi, aveva detto: «Lo sai cosa succederebbe se adesso accendessi il motore e tra cinque minuti accendessi un fiammifero?» Jack aveva detto che non lo sapeva, Sam non gli aveva rivelato la risposta, e dopo quella volta non giocarono più con i fiammiferi in garage. Jack fu al tempo stesso sollevato e angosciato dalla fine repentina e definitiva di quel gioco.
«È strano il fuoco» disse la Roja, e fece una smorfia con la bocca come se si fosse accorta di aver detto qualcosa che era meglio non dire. Poi abbassò lo sguardo e rimase in silenzio. Jack le guardò la fronte chiedendosi se avrebbe dovuto semplicemente prendere quello che lo scambio gli aveva garantito, o se sarebbe stato meglio chiedere. O se avrebbe dovuto invece lasciar perdere e andare via. Poi decise di comportarsi da uomo e prendersi ciò che gli spettava di diritto. Con due dita provò a sollevare il mento della Roja – lo aveva visto fare nei film –, ma incontrò una resistenza inaspettata. Il viso della ragazza non si sollevava neanche di un millimetro, come se il mento e la mascella fossero stati attaccati al collo in quella precisa posizione con una morsa d’acciaio.
«Ehi, lo so che è una situazione strana… Se non ti va, non dobbiamo…»
«Strana?» chiese lei, sollevando finalmente il volto e lo sguardo.
Non avendo idea di cosa lei gli avesse chiesto, Jack preferì rimanere in silenzio cercando di guardarla negli occhi nel modo più innocente o rassicurante o invitante possibile.
«E allora?» disse lei, ridendo di nuovo in quella sua maniera sguaiata.
«Che c’è? Hai paura?»
Jack pensò che sì, aveva paura, ma non sapeva di che cosa. La Roja tirò fuori un pacchetto di Camel morbide dalla tasca posteriore della gonna di jeans e si accese una sigaretta. Gli sbuffò il fumo in faccia, poi si alzò sulle punte dei piedi, si avvicinò e lo baciò sulle labbra chiuse. Jack sentì un brivido, e poi sentì sapore di fumo e di fragola, che probabilmente proveniva da quel lucidalabbra che le rendeva le labbra scivolose e viscide. Jack schiuse la bocca, lei fece lo stesso, e per qualche istante si baciarono con la lingua, come due adolescenti, lei sempre in punta di piedi, lui con una mano in tasca e l’altra sulla schiena della Roja.
«Ehi amico, lo sai che sei proprio un coglione?»
L’incantesimo di fragola e fumo fu spezzato, Jack guardò oltre la testa della Roja e riconobbe il tipo che prima era seduto con lei sul divanetto. Non sembrava incazzato, aveva piuttosto un’aria scherzosa e vagamente maligna, come il bulletto che scopre il primo della classe a fare qualcosa di proibito ed è contento di avere finalmente un buon pretesto per ricattarlo. La Roja tornò con le piante dei piedi per terra. Il tipo si avvicinò e le mise una mano sulla spalla, piantando due occhietti neri e rotondi in quelli di Jack.
«Ciao Roja.»
«Ciao Perù.»
A Jack venne in mente di chiedere perché la Roja lo avesse chiamato Perù, se fosse il suo cognome o se fosse un soprannome e, nel caso si trattasse di un soprannome, se lo chiamava così perché lui veniva dal Perù. Ma non gli sembrava peruviano, sembrava piuttosto messicano o forse anche ecuadoregno, ancora non riusciva bene a distinguere tra tutti quei latinoamericani. Perù tolse la mano dalla spalla della ragazza continuando a guardarlo. Jack non disse nulla.
«Allora, amico, cosa credevi di fare?»
Jack pensò di raccontare dello scambio, poi abbassò lo sguardo, vide i suoi piedi nudi e gli sembrò che non fosse la cosa giusta da dire, quindi preferì rimanere in silenzio.
«Che c’è? La mia amica ti ha mangiato la lingua? Lo fa, a volte, sai? È capitato un paio di volte.»
«No… io…» balbettò Jack con la voce sottile come un’anima.
«Eh sì, sì. Sono tutti buoni a trovare scuse. Siete tutti bravi, quando si tratta di trovare delle scuse.»
«Ma… mi hanno detto che lei non era la ragazza di nessuno» provò a giocarsi quella carta – che sul momento gli sembrava l’unica sensata che avesse in mano – mentre la Roja se ne stava là ferma davanti a lui, senza alcuna voce in merito.
«Infatti. Infatti la Roja non è la ragazza di nessuno.»
«Be’, e quindi… ho pensato che…»
«Hai fatto lo scambio, eh?» Perù rise forte, di una risata genuina e profonda. «Sei proprio furbo, eh? Siete dei furboni, voi» riprese, continuando a ridere.
«No, veramente… scusa, mi spiace…»
«No, no, non ti scusare, davvero. Non ce n’è bisogno.» Perù si aprì la falda destra del giubbotto di jeans e tirò fuori da una tasca interna un pacchetto di sigarette. Ne accese una e fece due rapide boccate. Poi si aprì la falda sinistra del giubbotto, la lasciò aperta con la mano e Jack vide all’interno una tasca foderata di tessuto rosso dalla quale spuntava il manico di quello che doveva essere un coltello. Perù continuò a fumare con la mano destra e a tenere aperto il giubbotto con la mano sinistra, guardando Jack negli occhi, o giusto qualche millimetro sopra.
«Senti, forse è meglio che vada, no?» provò Jack.
«Io non lo so. Tu che dici? Tu che cosa ne dici?» Perù sembrava calmissimo, pur in quella posizione un po’ forzata. Il suo volto era disteso, non tradiva alcuna emozione, soltanto una lieve stanchezza affiorava gli angoli degli occhi.
«Be’, ok, allora io vado.»
«Ok.» Perù buttò la sigaretta quasi finita per terra e usò la mano destra ormai libera per sfilare dalla tasca interna quella che si rivelò essere una lama di dimensioni piuttosto grandi. Il manico di legno scuro sembrava sproporzionato rispetto alla lunghezza della lingua di acciaio, una lingua piatta e larga come quella di un grosso cane assetato. Jack si chiese come si chiamasse quel coltello gigantesco. Gli venne in mente la parola «manolete» ma sapeva che non era quello il nome. Si stupì di non avere paura, ma aveva la sensazione – quasi un presagio, si disse – che il coltello non sarebbe stato usato. Almeno non contro di lui. Rimase però fermo immobile. Perù alzò la lama all’altezza degli occhi e ci guardò dentro, come per specchiarsi o come se dentro al coltello ci fosse qualcosa da vedere, uno spettacolo remoto ma familiare. Puntò la lama contro Jack, sfiorandogli la fronte con la punta e guardandolo negli occhi, ma senza guardarlo, come se vedesse qualcosa in trasparenza, dietro di lui.
«Perù, mi sto annoiando. Mi sa che torno dentro.» La Roja ruppe il silenzio in cui era immersa già da un bel po’ di tempo.
«Fai quello che vuoi, che cazzo me ne frega. Puoi fare quello che ti pare» acconsentì Perù, ma la ragazza non si mosse. Storse il labbro, muovendo la mascella per mordicchiarsi la parete interna della bocca.
Poi tutto si fermò per un istante, per qualche istante lunghissimo e sospeso; i tre formavano un impossibile triangolo scaleno: i lati più corti erano quelli che univano Jack a Perù e Perù alla Roja, mentre tra la Roja e Jack sembrava esserci una distanza abissale. Come se non fossero mai esistiti l’uno per l’altra. Il tempo non passava e la punta del coltello rimaneva a lambire la fronte di Jack, la Roja restava ferma, in silenzio, e Perù sembrava saldo nella sua posizione, deciso a non muoversi, deciso a non fare niente, la mano fermissima che reggeva il coltello. Jack pensò che sarebbero potuti rimanere così in eterno, come se avessero trovato un equilibrio.
Dalla porta del bar uscirono come una furia Jesus e il Capitano. I piedi di Jesus navigavano nelle ciabatte di Jack.
«Forza Perù, andiamo.»
La salda presa di Perù fu allentata da quell’allarme improvviso e la punta del coltello strisciò leggermente sulla fronte di Jack, che pensò di essere stato ferito e sentì il sangue affiorare sul punto colpito.
«Tranquillo, non ti ha fatto niente» gli disse La Roja come se gli avesse letto nel pensiero. Perù gli sorrise mostrando tutti i denti, poi rinfilò rapidamente il coltello nella fodera dentro il giubbotto e si sfregò le mani come se dovesse liberarle dalla polvere. Jesus e il Capitano non guardarono neanche Jack e si diressero spediti verso il parcheggio, seguiti da Perù che si stava accendendo un’altra sigaretta. Le tre sagome che si allontanavano sembrarono a Jack le figurine di un presepe, piccole e scure, decise e compatte, irreali.
La Roja rimase ferma e per un istante Jack pensò di riprendere il bacio da dove lo avevano lasciato, ma poi, nonostante la rassicurazione della ragazza, sentì il bisogno impellente di andare in bagno a controllare che la fronte non fosse ferita. Non ricordava che nel bagno del bar non c’erano specchi, o forse non ci era proprio stato, in quel bagno. Si guardò i piedi nudi e si sentì forte e libero e coraggioso e quasi sfrontato. Machete, pensò, era questo il nome del coltello. Voltò le spalle alla Roja e si avviò con passo deciso verso il bar.

 

Questo articolo è stato pubblicato in Senza categoria. Bookmark the link permanente. Scrivi un commento o lascia un trackback: Trackback URL.

Scrivi un Commento

Il tuo indirizzo Email non verra' mai pubblicato e/o condiviso.

Puoi usare questi HTML tag e attributi: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <strike> <strong>