Cosa volete sentire

AA.VV.
Casa editrice: minimum fax
Pagine: 140

Curare un’antologia è un atto di fede.
Isoli un tema, contatti una serie di autori che stimi, chiedi adesioni, aspetti risposte, incassi qualche «sì» e qualche «no, grazie», torni all’attacco scorrendo la lista delle «riserve», incassi altri «sì» e altri «no», fino a quando raggiungi il numero che avevi in mente. Poi, preghi. Preghi perché sai benissimo che, anche se hai letto cose strabilianti delle persone che hai scelto, non hai nessuna certezza sul fatto che ciò che ti sarà consegnato dopo mesi di attesa non sarà, nel complesso, deludente.
Curare un’antologia è un atto di fede.
Curare un’antologia di autori di cui non hai mai letto niente di puramente narrativo è un atto di fede al quadrato.
Cosa volete sentire raccoglie i racconti di tredici tra i più interessanti esponenti del cantautorato italiano degli ultimi anni: Andrea Appino (Zen Circus), Vasco Brondi (Le luci della centrale elettrica), Dario Brunori (Brunori Sas), Letizia Cesarini (Maria Antonietta), Max Collini (Offlaga Disco Pax), Fabio De Min (Non voglio che Clara), Antonio Di Martino (Dimartino), Titano Gulmanelli (Jang Senato), Simone Lenzi (Virginiana Miller), Rossano Lo Mele (Perturbazione), Giuseppe Peveri (Dente), Alessandro Raina (Amour Fou), Peppe Voltarelli. Fa bene la curatrice Chiara Baffa, nella prefazione, a parlare di «libro per persone curiose», perché se è da un po’ che tieni d’occhio la scena musicale in questione è forse anche da un po’ che vorresti sapere come se la caverebbero Collini e compagnia con la narrativa.
Cosa volete sentire è dunque un esperimento atteso e gradito.
Però.
C’è più di un «però».
Il primo riguarda la scelta che sta alla base dell’antologia, ovvero invitare gli autori a «raccontare il loro rapporto con la musica e il mestiere di scrivere e suonare canzoni». Per quanto possa essere piacevole scoprire come Dente è arrivato a comporre Buon appetito (anche se non c’è traccia della brillantezza che contraddistingue i suoi testi) e leggere delle disavventure dei Perturbazione ai tempi in cui erano ancora un gruppo pressoché sconosciuto, per quanto sia divertente la guida di Brunori per musicisti in tour, ci si chiede (visto che come segnalato nella già citata prefazione abbiamo a che fare con artisti che «di storie da raccontare ne hanno in abbondanza») se non sarebbe stato più stimolante compiere un atto di fede al cubo e spingerli ad andare ben oltre l’aneddoto musicale. A conferma di ciò c’è da dire che le prove che più lasciano il segno sono quelle di chi, pur attingendo all’autobiografismo, ha trasfigurato l’esperienza personale e accettato la sfida dell’invenzione (Letizia Cesarini) o ha spostato l’attenzione dall’io narrante (sempre identificato con l’autore) a chi gli gravita intorno. È questo il caso di Titano Gulmanelli (Jang Senato), che in Titano senza la erre ci regala un memorabile personaggio di provincia (il Tarlo), e di Alessandro Raina (Amour Fou), che in L’uomo che puliva il pesce dà spazio ad Atos Munari: ufficialmente ex pianista, ex fiancheggiatore dei servizi segreti, ex seminarista, ex guardia giurata, ex amante di Moana Pozzi, ex eroinomane salvato da un trapianto di sangue offertogli da Celentano in persona. Da sottolineare in positivo, inoltre, la leggerezza de Il chiosco dei gelati e il piccolo atto di ribellione di Colonia estiva. Nel primo, un Di Martino diciottenne è chiamato a suonare in occasione dell’inaugurazione di un chiosco di paese; nel secondo assistiamo alla precoce scoperta del punk da parte di Andrea Appino (Zen Circus).
Per il resto, e qui arriva l’altro «però», Cosa volete sentire dal punto di vista qualitativo delude. Se la prosa di Vasco Brondi è esattamente quella che ti aspetti, autocompiaciuta e con frasi come «a volte sono una specie di fiume con la superficie ghiacciata – sotto ci scorre qualcosa, acqua e rifiuti tossici, anche se non si vede niente»1, ma il racconto riesce comunque ad avere un suo equilibrio e una sua forza, così non è per Max Collini. Da Collini, abituato come sei a ripetere che i testi degli Offlaga Disco Pax sono già a tutti gli effetti dei (meravigliosi) racconti, ti aspetteresti molto di più. Il treno della vanità sembra invece il cugino zoppo di Tono metallico standard: poco ispirato, struttura semplicistica che punta tutto sul gonfiamento di una situazione in attesa della rivelazione finale. Struttura in parte proposta – ma con tono differente e risultati migliori – da Simone Lenzi (Virginiana Miller) in Dimenticanza. In Il preventorio tubercolare Fabio De Min (Non voglio che Clara) gioca con atmosfere thriller, manca però di tensione narrativa e il tutto risulta un tantino inconcludente. In Patate sotto la cenere, infine, Peppe Voltarelli affianca Gulmanelli e Di Martino nella descrizione di un microcosmo di provincia, ma tra i tre risulta il meno incisivo.
Al di là del livello complessivo dei racconti, Cosa volete sentire è un’antologia di cui (per una volta) in questo momento c’era davvero bisogno e che parte da una curiosità più che giustificata. Curiosità che, anzi, resta per tanti altri cantautori usciti allo scoperto negli ultimi anni.

Francesco Sparacino

1 Se hai ascoltato almeno una canzone di Vasco Brondi sapevi già dalla prima parola del racconto che quel «rifiuti tossici» prima o poi sarebbe spuntato fuori.
Questo articolo è stato pubblicato in recensioni. Bookmark the link permanente. I commenti sono chiusi ma puoi lasciare un trackback: Trackback URL.