La cosa che più desideri al mondo e che si compra con i soldi
di Francesca Esposito

E Lori ha i denti storti, dannazione. Quando ti son venuti i denti storti, gli chiedo cacciandogli un dito in bocca per allargargli la guancia. Uffa, mi compri la Wii? Perché non la chiedi a tuo padre, gli ho detto. Lascio Lori davanti al cancello, Hai preso la merenda? E lui, Sì. E i fazzoletti. E lui, Sì. E il succo. E lui sbatte la portiera e io aspetto di vederlo arrampicarsi su per le scale fin dentro il portone.

Dunque, nei primi negozi succede così, io entro, loro rimangono dietro al bancone, io vado sotto al bancone, loro mi dicono di chiedere alla cassa, io vado alla cassa e alla cassa mi sorridono di un sorriso a priori, e anch’io gliene faccio uno a priori, controllo il mio cv più foto, una foto molto bellina, cioè, l’ho dovuta tagliare visto che era una foto del mare con Max, comunque a ristamparla così non se ne sente la mancanza, del pezzo mancante. Mi dicono di lasciarlo lì, il mio cv, ché mi faranno sapere. Questo invece è un pub, spingo la porta a vetri, la saracinesca era mezza giù, dentro ci trovo due che stanno spostando delle casse, di alcolici presumo. Noi apriamo dopo le otto, e comunque la tesi in Teoriche teatrali non serve… ti interessa? Certo che mi interessa, dico con questa bocca fessa, mentre penso che No, no che non mi interessa dopo le otto, nemmeno esco per una pizza dopo le otto, c’è il coprifuoco, con Lori, dopo le otto.

Non mi hai portato quelli al latte…, Lori alza il naso dal sacchetto, mi dà lo zaino stracarico e si succhia un cartoncino alla pera. Gli dico di muoversi, passiamo un attimo a casa e alle cinque dobbiamo essere lì. Ma io sono stanco, e poi devo fare i compiti, dice lasciando smollare all’indietro il capoccione. E io gli dico che sono più grande di lui, quindi anche più stanca di lui. Lui ruota solo la testa, Nel senso che siccome sei più grande, ti riempi di più di stanchezza? Gli infilo una mano nei capelli a spaghetti, provo a scompigliarglieli, Lori lascia il capoccione svenuto sul mento, e io sorrido e penso, Ma sicuro che quello lì è tuo padre? Quello-lì chiama giusto mentre stiamo per entrare, gli dico che lo richiamo dopo, e lui dice che tanto ho chiamato io, e io gli dico che lo so che ho chiamato ma io ora non, e attacco.

Spalanca per bene la bocca, campione. Io e Lori ci guardiamo, lui con le mani aggrappate alla sedia anatomica, io in piedi aggrappata alla borsa a tracolla con gli occhi puntati come una torcia nella bocca primitiva mentre emette una bella A di diaframma, mio figlio. Bravissimo, campione, il dottore fa per avvicinarsi con una specie di uncinetto di metallo e Lori serra la mascella con la velocità di una pianta carnivora che ha acchiappato una mosca. Il Dott fa un sorriso bendato dalla mascherina, Non ti faccio nulla, campione. Non mi chiamo campione, dice Lori con lo sguardo fisso sulla faccia da bandito del Dott, e anch’io sbircio il Dott imbarazzata, tiro su le spalle come a dire Mi spiace…, però è vero, non si chiama campione, Dottor Cazzone.
La mano attaccaticcia di Lori mi rilassa sempre, insieme seguiamo l’infermiera che ci fa strada fino al bancone rialzato, si siede lì dietro, inizia a smanettare sul computer, quando ha finito mi allunga un foglietto con su delle righe che indicano per punti esatti tutti i passaggi per dare una bocca come si deve a mio figlio. L’ultima riga son dei numeri, settemila e cinquecento euro. Cazzo. Mi viene come una colata di lava che mi si scioglie da dentro in tutte le direzioni, provo a fare uno di quei sorrisi a priori, poi infilo il giubbino a Lori, solo che non gli centro il braccio, Ahia… Insomma prendo il foglio, prendo Lori, prendo tempo e dico che richiamerò, appena, Appena avrò fatto una rapina a mano armata, penso mentre accompagno la porta con estrema attenzione. Mamma, con settemila e cinquecento euro ci compriamo mille Wii, dice Lori allacciandosi la cintura di sicurezza.
Apro la porta del bagno arrotolata nell’asciugamano, mi corre incontro Lori, dice che ha chiamato Max, Ha detto di dirti che quella cosa che ti deve poi te la dà. Che cos’è, mamma? Accosto la fronte allo specchio, cerco col pettine il punto preciso per separare i capelli con una riga, ne adocchio uno bianco, lo strappo, solo che non strappo quello, strappo uno di quelli scuri, e penso che quella cosa che mi deve son quattrocento euro, quattrocento pidocchissimi euro al mese per suo figlio, una miseria, Una cosa… Che cosa, mamma? Una cosa che mi serve… Una cosa che ti serve per fare cosa? Una cosa che mi serve per comprare delle cose… Ma con quella cosa allora riusciamo anche a comprare la Wii? Lori, lavati le mani che si mangia. Dopo cenato Lori si addormenta come un sasso, è bello quando fa il sasso, come un sasso tondo e liscissimo sotto il piumone, anch’io c’ho qualcosa come un sasso, solo che non è il sonno, purtroppo. E la mattina arriva come una stilettata d’elastico, sveglia, denti, i vestiti, Lori che non si vuol lavare, Lori che non vuol fare cacca, Lori che non vuole mangiare. Ma si può sapere cosa diavolo vuoi stamattina? e lui, La Wii. Poi gli infilo gli spallacci dello zaino, lo trascino alla macchina e lo deposito a scuola. Allora, per prima cosa, vado in banca a farmi dire esattamente quant’è l’estratto conto. Come immaginavo, esattamente, il mio estratto conto è in rosso, esattamente. Devo comprare due cose al Super, ho dieci euro di budget, mi squilla il telefono ed è quello del Pub, dice che, se voglio, loro avrebbero bisogno per il week-end. Accetto e chiamo Max.
***
Suona il citofono, Lori fa dei tonfi sordi coi talloni mentre corre per andare ad aprire, è contento di vedere Max, gli abbottono il giubbino e gli ricordo le cose da fare, lavarsi i denti prima di dormire, chiamarmi prima di dormire, fare pipì prima di dormire, lui mi guarda con il mento insù, mi piazza due occhi liquidi senza fretta, Ma perché le cose che bisogna fare, bisogna farle prima di dormire? Così poi non ti dimentichi e dormi benissimo, gli dico. Mamma… Che c’è? Ma è per quello che tu non dormi, perché ti dimentichi le cose da fare? mi guarda con quei due fanali al mercurio uguali a quelli del padre, quella è una cosa di Max che mi è sempre piaciuta, il mercurio negli occhi. Sniffo fuori dal naso l’aria, gli metto una mano sulla testolona rotonda, Ci vediamo domenica alle nove. Nove e mezza, fa Max, e se ne va con Lori a koala e il mercurio colato nella mia scollatura. Ah, e i soldi? ché quasi davvero mi stavo per dimenticare. Max torce la nuca, si volta anche Lori, la stessa arcata sopraccigliare, gli stessi occhi di ferro liquido, Te li do domenica, quando vieni, e di nuovo gli occhi gli scivolano nello scollo.
E io non ho capito la storia delle mance, chiedo a Pami, la ragazza con la cicca blu e il nastro fucsia a tener la coda, lei mi scoppia un pallone azzurro in faccia e se ne va con quel culo che le si drizza una chiappa via l’altra a seconda del tacco su cui appoggia il peso. Lori mi manda un messaggio: Buonanotte mami, e Sandra non è bella come te.
Sento un fastidio all’occhio, come una cosa che esce, mentre mi ricaccio il telefono sotto il grembiule. Entrano a frotte, io nemmeno mi ricordavo più che si potesse stare in giro fino a quest’ora, e continua a riempirsi.
Faccio sedere un gruppetto di pubescenti, mancano delle sedie, mi volto al tavolo affianco, metto una mano su uno schienale con su appeso un giubbino in nappa scamosciata da fighetto, il tipo brizzolato mi sganascia un sorriso che gli grinza gli zigomi flosci lampadati, Sarebbe occupato…, e mi fa piovere nella scollatura due occhi a zircone. Faccio che nemmeno me lo filo, mi chino e dico a uno dei pubescenti che per ora si devono tenere il trespolo che gli ho appena trascinato, e anche lui mi fa due occhi penduli sulle tette. Non mi filo nemmeno questo, tiro fuori dalla tasca la Bic, Allora, che vi porto? mi sento picchiettare da dietro, sul rene, volto solo la testa, fisso il dito, dico al dito che sto prendendo un’ordinazione, un attimo e sarò da lui. Il dito si ritira, si unisce alle altre quattro dita che si divaricano in aria come a dire, Mi arrendo, va bene, aspetto, e io lancio uno sguardo a boomerang sulla fronte sudata di faccia-floscia. Stronzo, penso. Quando torno a prendere la comanda, noto che ci sono, spaiate, un paio di ragazze in via di risate a priori al tavolo di faccia-floscia, eh, son tempi difficili questi per le risate a priori, vien da pensare. Insomma tiro fuori dalla tasca del mio micro grembiule il blocchetto, ci punto in starter la biro e aspetto da brava stenografa l’ordine, solo che quelli non si sono ancora organizzati, faccia-floscia mi stampa un flash di denti negli occhi, poi inizia a contare le birre. Sono settantadue euro, dico pulendomi le mani dall’acqua di condensa delle Beck’s appena poggiate. Niente mancia, si sono intascati fino all’ultima moneta, ‘sti stronzi.
Rimaniamo fino alle tre, tocca tirar su sgabelli e tutto per passare lo straccio, scosto una panca a fatica, e sotto ci trovo un coso nero infilato sotto la trave. Un borsellino, nero, di pelle, Versace, sembra vero. Controllo dove diavolo si è cacciata Pami, e niente, sta facendo la spola sala cucina sui tacchi spezza ginocchia, il capo è dietro al bancone che traffica coi bicchieri, e sulla carta d’identità ci trovo la foto di faccia-floscia, due Visa e duecentocinquanta euro. Dopo di che i pensieri fanno dei viaggi velocissimi, sinapsi fulminanti, e la mia mano sfila accartocciandoli uno via l’altro i tre biglietti da dentro lo scomparto in pelle, per cacciarli dritti nella scollatura che solo allora inizia ad avere un senso, ecco il senso della mia scollatura. Gli occhi mi rimbalzano da una parete all’altra, poi, come nulla fosse, faccio cascare di nuovo Versace lì dietro, rimetto la panca al suo posto, passo lo straccio, aspetto le mie cinquanta euro di serata, grazie è stato bello.
***
Lori sta muto, gli occhi a seguire i goccioloni che tempestano il tergicristalli, Frena…, dice. Io freno. Poi con lo stesso sguardo svogliato si fa spazio tra una goccia e l’altra spiattellata sul parabrezza in cerca del semaforo, Vai… E io vado. Lori allora, ti sei divertito da pa’? Sì, frena… Freno in coda alla Panda rossa, E…? metto in folle, lo guardo, lui si volta con quel testone che è come se gli cascasse da ogni lato, come se fosse imperniato su un collo troppo piccolo, questa è una cosa che mi preoccupa di Lori, cioè non come i denti, i denti dannazione mi preoccupano parecchio, ma anche con i quattrocento euro di Max, più i dueecinquanta di straforo, ma comunque per i denti non se ne parla, potrei chiedere un finanziamento, il quale finanziamento credo che potrei pagarlo solo dandomi al furto o pagando in natura, quindi. Allora Lori, sei muto oggi? Vai…, dice, e in effetti la Panda accelera sotto l’acquazzone. È che ogni volta che torno da casa di pa’ è un po’ come se alcune parole rimanessero lì in quella cameretta e mi viene da stare un po’ zitto… Scalo la marcia, ingrano la seconda e non posso fare a meno di girarmi verso mio figlio, Ma di’ un po’, tu quanti anni hai? quaranta? Ridiamo ma senza il sonoro, solo le bocche a fare due parentesi all’insù. Corriamo sotto l’ombrellino con la calotta trasparente e ci viene da ridere mentre arriviamo umidicci vicino al portone, mi accovaccio davanti a lui, Ci vediamo alle quattro, ok? Lui mi dà un bacio attaccaticcio e come una tartaruga messa in verticale se ne va verso il corridoio.
Spingo il carrello su e giù per i corridoi del Fiordaliso, pago settantadue euro di spesa e c’è uno stand con un paio di ragazzi che distribuiscono volantini con su scritto che sono arrivati i nuovi giochi per la Wii. Guardo il foglietto, carta patinata, fastidiosa sotto le dita, poi oltre il vetro un mucchietto di ragazzini, alcuni stringono come delle manopole a cilindro e fintano dei colpi in aria guardando uno schermo. Spingo dentro il carrello con la spesa, Volevo sapere il prezzo, dico a Daniele, ce l’ha scritto sulla targhetta della polo bianca che si chiama Daniele. Lui mi fa una spiegazione che io mi succhio come un’ostrica dal guscio, Quindi in totale con almeno un gioco di quelli…, e indico i ragazzini tennisti virtuali. Totale sono…, e smanetta su una calcolatrice da scuola media, duecentocinquanta euro, mi fa con due pupille rimpicciolite dalle lenti.
Alle quattro vado a prendere Lori, stanchissimo come al solito, si sfagotta dallo zaino e si accascia con quelle gambe appese dal sedile, Vai…, mi dice. Scendiamo io con lo zaino sulle spalle, lui con le guance risucchiate dalla cannuccia del succhino di pera. Come un lombrico fin su per le scale, gli dico di andare a svestirsi e di lavarsi le mani pure, Va be-ne…, lo vedo barcollare nel corridoio, poi dalla cameretta caccia uno strillo.
Con tutti quei suoi dentini aguzzi a frastagliargli il sorriso, ha stracciato la carta e mi ha abbrancato, la testa ficcata tra le gambe, poi ha smollato il testolone all’indietro, le braccia ancora a stringermi sotto il sedere, mento in su, e mi ha detto, Lo sai che anch’io quando sarò grande ti regalerò la cosa che più desideri al mondo? Ma ce l’ho già la cosa che più desidero al mondo…, ho detto arruffandogli i capelli a spago, e lui con quelle manopole cilindriche in mano mi ha scintillato con due occhi a pozzo, Ma io dicevo la cosa che più desideri al mondo e che si compra con i soldi.Dopo cena mi telefona il capo, È passato uno, prima, al pub, dice se abbiamo trovato un portafogli, mica per altro, c’erano le carte di credito e i documenti. Faccio segno a Lori di non avvicinarsi troppo allo schermo, e dico che No, non ne so niente. Lori allontanati dallo schermo…, come sotto ipnosi fa due passi indietro e poi di nuovo avanza a fintare il tiro. Ma che c’è Lori, non vedi bene? Lui mi scosta di colpo, Noooo… non l’ho presa…, di nuovo s’incolla allo schermo e mi sa che dovrò portarlo dall’oculista, dannazione. Di nuovo il telefono, è un messaggio, Pami, dice domani cosa faccio, ché lei domani si è data malata per un po’, Potremmo mangiare insieme, dice. Offre lei.

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